venerdì 30 dicembre 2011

Pioneer One

Titolo: Pioneer One

Anno: 2010/2012
Episodi: 6
Stagioni: 1 (di 4 previste)

Quando una navicella di origine sconosciute entra nell'atmosfera sopra i cieli americani perdendo radiazioni e schiantandosi infine in territorio canadese le autorità temono immediatamente che si tratti di un attacco terroristico mediante una bomba sporca. Quando però gli uomini dell Department of Homeland Security (l'agenzia di sicurezza americana) si recano sul posto ciò che trovano non è quello che si aspettavano: la navicella è un vecchio modulo per l'esplorazione spaziale sovietico, al suo interno un giovane in pessime condizioni di salute accompagnato da una nota scritta a mano in russo: il ragazzo è il figlio di due cosmonauti, nato e cresciuto su Marte. Da qui prende forma una storia che tra speculazioni scientifiche, intrighi politici e giochi di palazzo prosegue a ritmo serrato per sei episodi che, seppur non si perda in inutili riempitivi riesce a delineare personaggi con una dimensione umana credibile senza che ciò annacqui inutilmente il plot principale e senza far calare mai l'interesse dello spettatore realmente interessato al carattere fantascientifico della trama.

Il vecchio proverbio "La necessità aguzza l'ingengo" è particolarmente adatto a descrivere "Pioneer One": avere a disposizione un budget limitato è probabilmente ciò che ha stimolato gli autori a puntare tutto su una sceneggiatura e un intreccio che, a dispetto della totale assenza di effetti speciali, fanno di questa serie un piccolo gioiello di fantascienza alla vecchia maniera. Ciò che inoltre rende lodevole il lavoro dietro "Pioneer One" sono le particolari modalità con cui questo è stato prodotto: si tratta infatti del primo telefilm sotto licenza Creative Commons distribuito gratuitamente tramite la rete e i circuiti peer-to-peer interamente finanziato dai contribuiti a titolo volontario versati dagli spettatori. Sicuramente questa formula ha fatto sì che gli autori abbiano potuto lavorare in totale autonomia creando un prodotto al di fuori dei normali schemi commerciali e che sicuramente non avrebbe potuto svilupparsi altrettanto bene se sottoposto a vincoli imposti dall'alto.

Stiamo forse osservando ad un nuovo modo di produrre serial? Potrò forse sembrare troppo ottimista ma il successo che "Pioneer One" ha raggiunto senza in alcun modo doversi relazionare con il mercato mainstream mi fa sperare che, se permettete il gioco di parole, sia il primo "pioniere" di un nuovo modo di fare intrattenimento che trovi nella rete e nella libera condivisione i mezzi principali per emanciparsi dalle logiche commerciali che stanno da anni appiattendo l'offerta culturale portando finalmente quella libertà creativa e reale pluralità di offerta essenziale per poter avere a disposizione opere di qualità.  



giovedì 15 dicembre 2011

Cronosisma

Titolo: Timequake (Cronosisma)

Autore: Kurt Vonnegut
Anno prima pubblicazione: 1997
Editore italiano: Bompiani

Nell'anno 2001 l'universo, a causa di una crisi di autostima, smette di espandersi e tornando indietro nel tempo di dieci anni costringendo ogni essere vivente a ripetere nuovamente le medesime azioni. Quando poi, passato per la seconda volta il decennio, il tempo ricomincia a muoversi regolarmente ogni essere umano è in crisi: assuefatti alla mancanza di libero arbitrio sono incapaci di qualsiasi azione. Toccherà a Kilgore Trout, scrittore di fantascienza fallito e alter-ego dell'autore, cercare di far rinsavire la popolazione al grido di "Prima eri malato ma ora stai bene e c'è del lavoro da fare".

Con il suo inconfondibile stile Kurt Vonnegut ci presenta questo romanzo in bilico tra l'ironico e il malinconico. Come in molti suoi romanzi (primo tra tutti "Mattatoio n.5") Vonnegut mischia sapientemente finzione letteraria ed eventi autobiografici rendendo labile il confine tra autore e protagonista, tra vita vera e romanzo. La trama è, come spesso capita nei suoi libri, quasi una scusa per portare una critica alla società attuale e per le riflessioni sociologiche dell'autore: non è difficile identificare nell'incapacità di disporre del libero arbitrio una accusa all'uomo moderno, così talmente imbrigliato in schemi preconcetti da farsi letteralmente prendere dal panico quando finalmente può e deve ragionare autonomamente. Così come l'essere costretti per dieci anni a ripetere ogni singola atto e ogni singolo errore del passato senza possibilità di modificare le proprie azioni può essere letto come una metafora dell'immutabilità della natura dell'uomo perennemente costretto a ripetere gli stessi sbagli.

"Cronosisma" è l'ultimo libro scritto da Vonnegut, precisamente ideato per essere l'ultimo romanzo della sua carriera prima di dare l'addio alla narrativa e può essere considerato un "lascito per i posteri" all'interno del quale è condensata la vita e il pensiero di quello che senza ombra di dubbio è stato uno dei più grandi scrittori contemporanei. Un'opera imperdibile capace di far ridere, riflettere e commuoversi come solo un libro di Vonnegut può fare.

martedì 13 dicembre 2011

Phase IV



Titolo: Phase IV (Phase IV Distruzione Terra)


Regia: Saul Bass
Durata: 91 min
Anno di Produzione: 1974


A seguito di una insolita attività solare il comportamento delle formiche è sensibilmente variato: a sciami aggrediscono fattorie e persone con conseguenze tragiche. Due scienziati vengono inviati in un laboratorio dell'Arizona per cercare di comprendere le ragioni di questo mutamento e trovare soluzione a quello che sembra sempre più essere un flagello di portata mondiale. All'interno del laboratorio, che si troverà presto circondato da formicai, daranno asilo ad una giovane ragazza fuggita dalla fattoria dove ha trovato la morte la sua famiglia. A peggiorare la situazione già precaria si aggiungerà poi il contrasto tra i due scienziati: l'uno intenzionato a cercare un modo per comunicare con la neonata intelligenza delle formiche, l'altro deciso invece per soluzioni più drastiche; andando a descrivere un conflitto che è evidente metafora del modo in cui l'uomo sceglie di rapportarsi alla natura.


Lungi dall'aver qualcosa in comune con le solite (ignobili) pellicole in cui una specie animale si rivolta contro l'uomo (quel genere di b-movie che tra gli anni 80' e 90' andrà così tanto di moda), "Phase IV" è un piccolo gioiello di fantascienza in cui la tematica del rapporto uomo-natura viene raccontata con maestria da Saul Bass qui al suo primo e purtroppo unico film (è infatti più noto al grande pubblico per le memorabili sequenze grafiche dei titoli di testa di numerosi film tra cui vanno sicuramente ricordati  "La donna che visse due volte", "Intrigo internazionale" e "Psyco"). La particolare sensibilità visiva di Bass traspare anche in questa pellicola come ad esempio nelle scene finali al limite del psichedelico o nei contrasti tra i colori accesi delle sostanze chimiche che i due scienziati irrorano sugli insetti contrapposti allo sfondo del deserto dell'Arizona. Alla visionarietà di Bass va poi a sommarsi l'innovativo (per l'epoca ovviamente) utilizzo di microtelecamere per filmare le formiche che, unito alla competenza del documentarista Ken Middleham (sue le riprese con gli insetti), riesce a trasformare le formiche in veri e propri attori rendendo appieno l'idea che siano senzienti e organizzate. Nonostante la critica riconosca i meriti di Bass e di questa pellicola così non farà il pubblico: questo piccolo gioiello di fantascienza sociologica è stato a lungo ignorato e solo ultimamente sta vivendo la meritata rivalutazione da parte degli appassionati del genere.

venerdì 9 dicembre 2011

"I Bei Tempi Che Furono": Quando La TV Italiana Raccontava La Fantascienza

Questo è il primo articolo di una serie dedicata ai "bei tempi che furono" (che, nonostante per questioni anagrafiche non abbia vissuto in prima persona, non mancano lo stesso di suscitarmi una qual certa nostalgia) ovvero quel periodo in cui l'Italia era ancora in grado di portare sul piccolo e grande schermo fantascienza di qualità. In questo primo post vorrei parlare delle produzioni per la televisione, quando ancora gli sceneggiati si chiamavano "sceneggiati" e non "fiction". Quando ancora consapevoli del valore artistico dello stile italiano se ne faceva valore aggiunto anzichè scimmiottare quello anglosassone, anch'esso ovviamente valido, ma forse troppo distante dalle nostre radici perchè lo potessimo imitare senza risultati scadenti (come invece accade anche tutt'ora). E' proprio nel periodo ultimo dell'epoca d'oro della fantascienza targata Italia, tra l'inizio e la fine degli anni settanta, che la Rai produce piccoli gioielli di televisione tanto interessanti quanto difficilmente reperibili al giorno d'oggi.

Il primo in ordine cronologico è "A come Andromeda" opera del 1972 per la regia di Vittorio Cottafavi tratto dall'omonimo romanzo di Fred Hoyle (che già vide una trasposizione televisiva nel 1962 ad opera della BBC). In questa storia dove elementi di fantascienza si fondono con quelli tipici della tradizione spionistica un messaggio proveniente dallo spazio viene intercettato da un nuovo potentissimo radiotelescopio: si tratta delle istruzioni per creare un nuovo super-calcolatore e di un programma, dallo scopo ignoto, da introdurvi. Seguendo la migliore tradizione delle storie di primo contatto e dei thriller fanta-politici, durante le cinque puntate che compongono lo sceneggiato vedremo scenziati che tentano di interpretare il misterioso messaggio e agenti governativi che si muovono tra cospiarazioni e spionaggio. 

Nel 1975 la regia di Salvatore Nocita porterà sul piccolo schermo "Gamma" dall'omonimo romanzo di Fabrizio Trecca (che curerà anche la sceneggiatura della serie tv) proponendoci una storia che ha come elemento principale il "trapianto di cervello". Seppur affrontando tematiche che per gli appassionati di fantascienza, specie cinematografica, erano forse già datate anche negli gli anni settanta la trama riesce comnque ad interessare grazie ad alcuni inattesi colpi di scena anche se bisogna ammettere che fra tutte le opere citate in questa articolo "Gamma" è forse quella meno risucita (pur essendo comuque una gradevole visione).
 
Nel 1977 toccherà a Ugo Gregoretti, che si era già in precedenza si era cimentato con la fantasciezna (il film "Omicron" del 1968) portare sul piccolo schermo "Uova fatali" romanzo del 1925 di Michauil Buglakov. Qui la scoperta di un raggio in grado di stimolare e velocizzare lo sviluppo cellulare è la scusa per raccontare una sottile satira sociologica tanto attuale sia quando Buglakov parlava dell'Urss del '25 che quando Gregoretti la ripropone nel '77 sia quando noi la rivediamo nel 2011.

"Racconti di Fantascienza" del 1979 per la regia di Alessandro Blasetti alternava ad una serie di brevi trasposizioni di celebri racconti di fantascienza come "La Decima Vittima" di Robert Sheckley, "L'Assasino" di Ray Bradbury, "Immaginatevi" di Frederick Brown o "L'Esame" di Richard Matheson interpretati e diretti da attori e registi italiani (come ad esempio Nanni Loy o addirittura Pippo Franco) a letture di brani ad opera dello stesso Blasetti coadiuvato da Arnoldo Foà. Tra tutti gli sceneggiati citati fin ora questo è sicuramente il mio preferito, perchè grazie alla varietà dei racconti proposti e all'impostazione quasi accademica degli interventi che inframezzano gli episodi risulta essere una vera e propria antologia della fantascienza classica in formato televisivo. 

Nonostante questi sceneggiati possano attualmente soffrire di alcuni difetti, sia intrinseci delle opere stesse sia dovuti agli oltre trent'anni che sono passati, non posso far a meno di notare quanto siano, almeno a livello di contenuti, qualitativamente superiori a qualsiasi produzione televisa odierna. Putroppo dubito che le cose possano cambiare: se il cinema ha come ancora di salvezza le produzioni indipendenti la TV pubblica difficilmente portrà beneficiare di un equivalente su piccolo schermo. Non ci resta che sperare che la diffusione dello streaming renda prima o poi obsoleti i nostri televisori come renda obsolete le logiche commerciali che portano i produttori televisivi a propinarci blande imitazioni dei vari Csi americani o versioni maccheroniche di ER, lasciando spazio a quella pluralità di offerta che permettendo al pubblico una reale scelta è l'unica vera possibilità di diffusione culturale. Ma forse anche questa è fantascienza...

mercoledì 30 novembre 2011

Frammenti Dell'Enciclopedia Delfica

Titolo: Frammenti Dell'Enciclopedia Delfica


Autore: Miguelanxo Prado
Anno prima pubblicazione: 1983
Editore italiano: 001 Edizioni

Attraverso dodici racconti brevi Miguelanxo Prado ci raccontata l'epopea della civiltà umana attraverso i prossimi diecimila anni di storia, ogni racconto auto-conclusivo è presentato come il capitolo di una enciclopedia futura che narra la storia dell'umanità a partire dalle prime colonizzazioni dello spazio fino al più remoto futuro confezionando una saga che se da un lato può ricordare "Ciclo della Fondazione" di Asimov, dall'altro se ne distacca grazie ad una visione decisamente meno ottimistica.

Data la struttura a episodi del volume è difficile parlare della trama senza anticipare troppo particolari che rovinerebbero il piacere della lettura, basti sapere che ogni storia è una piccola perla di fantascienza già estremamente valida se presa singolarmente ma che acquista ancor più valore all'interno dell'intero contesto narrativo del volume. L'abilità tecnica nel disegno di Prado va a valorizzare ulteriormente questa pregevole opera grazie al suo stile realista e molto dettagliato.

Ritengo personalmente l'enciclopedia delfica un'opera che riesce ad essere contemporaneamente uno splendido esempio di fantascienza sociologica e una spettacolare storia a fumetti che è sicuramente in grado di soddisfare sia chi ama la s-f che chi apprezza semplicemente la cosiddetta nona arte oltre ovviamente ad appassionare colore che, come me, adorano entrambe.

lunedì 21 novembre 2011

Neonomicon

Titolo: Neonomicon

Autore: Alan Moore
Disegni: Jacen Burrows
Editore Italiano: Bao


Un agente dell'Fbi deve investigare su una serie di brutali omicidi: diversi i colpevoli ma il medesimo truculento e inquietante modus operandi. Durante le indagini che lo porteranno ad indagare attorno ad un club underground e ad un giro di spaccio di droga scoprirà che la verità è ben oltre la realtà che normalmente percepiamo.

Non è la prima volta che l'immaginario Cilco di Cthulhu è ispirazione per una Graphic Novel, molti autori si sono infatti cimentati spesso con le opere di Lovecraft, tuttavia non sempre con risultati sufficientemente interessanti da essere degni di menzione: è difficile infatti scrivere nuove storie che sappiano interessare il lettore appassionato senza che si ricada sempre in quella sensazione di deja-vù che inevitabilmente toglie di mordente o che, tentando di attualizzarne le tematiche, non scadano nel pacchiano. Fortunatamente "Neonomicon" riesce a non cadere in nessuna di queste due categorie.

Dalla penna di Alan Moore e dalla matita di Jacen Burrows ecco quindi una rivisitazione dei miti di Cthulhu ambientata in epoca contemporanea dove, a differenza delle opere del solitario di Providence, la componente sessuale e volgare anziché allusa e sottintesa prende, in accordo coi tempi moderni, ruolo esplicito e dove ci viene offerta anche una interessante rilettura alla luce della commercializzazione della mitologia lovecraftiana in quella che è una delle migliori storie a fumetti ispirata alla lettratura di HPL. Se a tutto questo si aggiunge una edizione ottimamente curata nella realizzazione otteniamo un volume che non può mancare nella biblioteca di ogni appassionato.

mercoledì 9 novembre 2011

Tre nuovi manga che meritano la vostra attenzione

Questo articolo è dedicato ad alcune nuove serie di Manga a tema fantastico attualmente in fase di pubblicazione in lingua italiana, essendo esse ancora in corso di pubblicazione il giudizio ovviamente non può essere completo. Ciò che le accomuna, oltre al fatto di essere a tema fantastico/fantascientifico e ad essere attualmente in fumetteria è che hanno suscitato il mio interesse e che le reputo sufficientemente promettenti da poter essere consigliate.

E' da poco in pubblicazione in edizione italiana (attualmente siamo al secondo numero) grazie a GPpublishing il nuovo manga di Kengo Hanazawa: "I Am A Hero". Nonostante la storia possa appararire nelle sue premesse abbastanza banale, si tratta infatti di una rivisitazione del tema dell'invasione di zombi, il fumetto ha diverse note interessanti che ne rendono molto gradevole e originale la lettura. Punto di forza è il protagonista: un aspirante mangaka che non riesce ad andare oltre il ruolo di semplice assistente (il meno considerato dello studio in cui lavora) costantemente assalito da paranoie, ossessioni e allucinazioni al limite del surreale. Una caratterizzazione che da sola permette di arrivare fino alla fine del primo volume senza far pesare il fatto che inizialmente non sia esplicita la direzione che la storia andrà a prendere (il primo zombie, o contagiato, o cosa si scoprirà in seguito che sia, compare solo nelle ultime pagine) e che prepara perfettamente gli eventi del secondo volume dove vedremo un Hideo (è questo il nome del protagonista) dapprima cercare di comprendere se ciò che gli accade sia reale o l'ennesima allucinazione paranoica ed in seguito cercare di sopravvivere con tutti i limiti e difetti che una personalità disturbata come la sua può procurare. E' ovviamente molto presto per dare un giudizio definitivo su "I Am A Hero" tuttaiva vi sono molte potenzialità: anche la tematica zombie che a prima vista può sembrare banale è in grado di riservare sorprese, specialmente se la mentalità disturbata del protagonista non si rivelerà soltanto un elemento di caratterizzazione ma se al contrario sarà correlata e fondamentale per lo sviluppo della trama generale (punto che personalmente solleva maggiormente la mia curiosità). A queste premesse aggiungiamo una qualità di disegno e realizzazione decisamente di alta qualità con ottime tavole dal taglio estremamente realistico perfettamente adatte alla storia raccontata e che sono sicuramente un altro punto a favore per questa serie.

Sempre GPpublishing ci propone "Billy Bat" il nuovo manga di Naoki Urasawa ("20th Century Boys" e "Monsters" le sue opere più famose) scritto in collaborazione con Takashi Nagasaki. Anche qui il protagonista è un mangaka: un nippo-americano di nome Kevin Yamagata autore di un fumetto per ragazzi dal titolo "Billy Bat". Quando scoprirà che il personaggio da lui inventato (un pipistrello antropomorfo) potrebbe essere copiato da un precedente fumetto giapponese, ritorna nella sua terra natale intenzionato ad incontrarne il disegnatore e chiedere l'autorizzazione ad utilizzare il personaggio. Qui però le cose si complicheranno: l'autore originale non solo darà la sua benedizione a Kevin ma gli donerà l'ultimo fumetto da lui disegnato che si rivelerà profetico in maniera inquietante andando ad anticipare drammatici eventi in cui lo stesso Yamagata si troverò coinvolto fino a risultare accusato dell'omicidio di un influente politico giapponese; eventi che saranno il punto di partenza per una escalation di intrighi politici. Urasawa, come già aveva fatto in 20th Century Boy, ci propone una manga in cui finzione ed eventi storici (ma in questo caso non si parla solo di storia della cultura popolare giapponese) si mischiano tra di loro andando a raccontarci quella che potrebbe essere definita una "storia segreta del mondo"; e ancora come in 20th Century Boy lo fa scegliendo un protagonista costretto ad essere eroe per forza, trascinato da forze più grandi di lui (forse anche soprannaturali) ed in lotta ancor prima che per la salvezza del mondo per il diritto a vivere la propria vita. Questa nuova serie che seppur utilizza uno schema di collaudato successo riesce comunque ad essere innovativa rispetto alle sue precedenti produzioni e promette di appassionare sia chi è già un suo fan sia chi non ha mai avuto il piacere di leggere quello che a mio parere è il miglior mangaka attuale in circolazione. Rimane comunque ovvio che essendo solo al quarto numero il giudizio è estremamente parziale anche perché questo tipo di storie in particolare richiedono una elevata coerenza dall'inizio alla fine (attualmente siamo solo al quarto volume) e non sarà quindi possibile dare un giudizio reale se non una volta letto il finale.

Terza e ultima serie che voglio segnalarvi è "Knight of Sidonia" nuova produzione di Tsutomi Nihei di cui Planet Manga ha da poco pubblicato il primo numero. Qui siamo in un lontano futuro in cui l'umanità intera è rifugiata sulla nave generazionale, la Sidonia, in viaggio alla ricerca di un nuovo mondo da colonizzare dopo che il sistema solare è stato distrutto dai Gauna: una razza di mastodonitche creature che vivono nel vuoto siderale e le cui reali motivazioni rimangono criptiche ed ignote a causa della loro natura totalmente aliena. Protagonista di questa serie è il giovane Nagate che dopo aver passato infanzia e gioventù completamente isolato dal resto della comunità nei livelli inferiori della Sidonia verrà arruolato come recluta nei Guardiani: un gruppo scelto per pilotare gli Tsugumori, mecha antropomorfi che sono l'unica arma in possesso degli uomini in grado di contrastare i Gauna. E' proprio quando Nagate completa il suo addestramento che dopo decenni di assenza i Gauna fanno nuovamente la loro comparsa andando ancora a minacciare l'esistenza dell'umanità. Come prima aveva fatto in "Blame!" e "Biomega" Nihei ci ripopone le ciclopiche architetture post-cyberpunk che da sempre hanno caratterizzato le sue produzioni, che più di tutto l'hanno reso famoso e che da sole varrebbero l'acquisto di ogni suo volume. Anche qui essendo solo al primo numero un giudizio sulla storia è prematuro, tuttavia è da notare che quando si tratta di produzioni meno sperimentali (come era "Blame!" e come parzialmente era anche "Biomega"), insomma quando c'è bisogno di una trama che abbia esplicitamente capo e coda e che sia facilmente comprensibile al grande pubblico, le premesse che mette in campo sono tutt'altro che originali. Ovviamente c'è molto spazio e tempo per staccarsi da questo schema iniziale e, dati i trascorsi di Nihei, ci sono ottime possibilità che questo accada.



mercoledì 2 novembre 2011

L'Invenzione di Morel

Titolo: L'Invenzione di Morel

Regia: Emidio Greco
Durata: 110 min
Anno di produzione: 1974


C'erano anni in cui i termini "Fantascienza Sociologica" e "Cinema Italiano" potevano tranquillamente essere associati tra loro senza causare incredulità o ilarità; in attesa di raccogliere materiale ed idee per un post più articolato sul cinema di fantascienza sociologica italiano degli anni sessanta e settanta volevo scrivere alcune righe su questa ottima pellicola che ho avuto il piacere di vedere di recente.

Tratto dall'omonimo libro del 1941 dello scrittore argentino Adolfo Bioy Casares, il film racconta di un ricercato in fuga che cerca salvezza su quella che ritiene essere un isola deserta, qui scoprirà però di essere tutt'altro che solo: sull'isola vivono un gruppo di persone in quella che sembra essere una perenne villeggiatura. L'uomo, per timore di essere denunciato, tenta di rimanere nascosto fin quando non viene scorto da una giovane donna. O almeno così crede: presto scoprirà che la ragazza, così come tutti le altre persone sull'isola, ignorano completamente la sua presenza. Da questo punto di partenza si sviluppa una storia che pone l'accento sulla ricerca dell'immortalità e sul rapporto tra la memoria e realtà.

Girato con mezzi che ad oggi possono sembrare limitati ma che in realtà sono una scelta voluta di scarna essenzialità, il film ha la sua forza nell'atmosfera di solitudine che comunica, enfatizzata sia dalle suggestive location  che dalle interessanti scenografie. Se per i primi trenta minuti questa sensazione di abbandono è quasi normale, infatti vedremo soltanto il protagonista aggirarsi per l'isola apparentemente abbandonata in una serie di scene completamente prive di dialogo, è nel proseguire del film, quando vedremo il naufrago circondato da persone ma allo stesso tempo ancora solo, che queste atmosfere vengono massimizzate anche grazie al contrasto tra gli ospiti agghindati a festa e lo stremato fuggiasco dai vestiti stracciati e dall'aspetto emaciato. L'ottima pellicola è forse penalizzata da un finale che pare troppo frettoloso, specie se paragonato ai tempi dilatati delle battute iniziali, nonostante questo "L'invenzione di Morel" rimane uno splendido esempio di quello che il cinema italiano era capace di fare quando ancora aveva il coraggio di misurarsi con la fantascienza di qualità.

giovedì 27 ottobre 2011

Moebius

Titolo: Moebius

Regia: Gustavo Mosquera
Durata: 88 min.
Anno di produzione: 1996 

Un intero convoglio della metropolitana scompare con tutti i passeggeri mentre percorre i tunnel sotto Buenos Aires, le autorità che cercano di rintracciarlo nelle labirintiche gallerie che si dipanano sotto la metropoli brancolano nel buio. Si rilevano tensioni elettriche là dove il treno dovrebbe passare, segnali semaforici che segnalano il passaggio di quello che a tutti gli effetti pare essere un treno fantasma. Viene così chiamato Daniel Pratt: giovane topologo ed ex studente del principale progettista della rete metropolitana. Pratt scoprirà presto che dietro alla sparizione del treno, ma anche a quella del suo ex professore, c'è una teoria tanto inquietante quanto difficile da credere. Nonostante lo scetticismo delle autorità proseguirà con le sue indagini fino a scoprire cosa si cela dietro la misteriosa scomparsa del convoglio e dei suoi passeggeri.

Film argentino del 1996 realizzato da Gustavo Mosquera, professore dell'università del cinema di Buenos Aires, con l'ausilio di alcuni studenti della sua scuola, la pellicola è una trasposizione cinematografica del racconto del 1950 di A. J. Deutsch "Una metropolitana chiamata Moebius" (già trasportato sul grande schermo nell'omonimo film tedesco del 1993). Al di là della suggestiva ipotesi fantascientifica il film possiede anche una seconda chiave di lettura che non era presente nel racconto originale: grazie soprattutto ad un sapiente uso dei dialoghi nella versione di Mosquera l'intricata metropolitana di Buenos Aires diventa una rappresentazione metaforica della complessità sociale e politica che sfugge alla capacità di comprensione del singolo, mentre il treno pieno di passeggeri scomparso nel nulla e la teoria incredibile che, nonostante lo scetticismo e lo scherno delle autorità, si rivela infine per essere vera è un richiamo al passato recente argentino, al dramma dei Desaparecidos e all'incapacità (o alla mancanza di volontà) di accettare un passato tanto incredibile quanto drammaticamente reale.

venerdì 21 ottobre 2011

Il Virus Dell'Odio

Titolo: Il Virus Dell'Odio (Hater)

Autore: David Moody
Anno: 2009
Editore: Mondadori (Urania)

Daniel McCoyne è un comune impiegato statale come tanti: incastrato in un lavoro che odia e stressato da una vita familiare che spesso gli sta stretta. Un giorno recandosi al lavoro assiste ad un isolato episodio di violenza immotivata, poi un altro e nei giorni a seguire altri ancora. Quando il telegiornale comunica la notizia che irrazionali aggressioni e omicidi si stanno verificando, dapprima in tutta la città poi in tutto lo stato allargandosi a macchia d'olio, in quella che sembra una vera e propria epidemia di violenza irrazionale inizia a comprendere che qualcosa di grave sta accadendo.

Recensisco con piacere "Il Virus Dell'Odio" dato che raramente ho trovato romanzi di fantascienza recente che abbia apprezzato così tanto da leggerli dall'inizio alla fine tutto d'un fiato incapace di scollarmi dalle pagine. Tutto in questo romanzo è studiato e ben congeniato, il punto di vista in prima persona del protagonista ci immerge perfettamente nell'atmosfera di crescente paranoia che aumenta man mano che l'epidemia di follia omicida si propaga tra la popolazione, sensazione sapientemente acuita dalla capacità narrativa di Moody in grado di tenerci sempre sulle spine pagina dopo pagina con una suspence creata tramite un susseguirsi di situazioni che alternano eventi realmente drammatici a momenti in cui, certi che qualcosa stia davvero per succedere, ci ritroviamo a tirar poi il classico sospiro di sollievo solo per poi farci cogliere di sorpresa poche pagine dopo quando realmente si assiste ad una nuova e inattesa esplosione di violenza.

Ma non è solo nella tecnica narrativa che questo romanzo si distingue dalla massa: a dispetto della situazione iniziale che potrebbe far pensare ad una variante, se pur originale, del filone catastrofico "Il Virus Dell'Odio" si dimostra anche uno splendido esempio di fantascienza sociologica che porta a riflessioni sui meccanismi che ci portano a identificare un "noi" ed un "loro" andando a comporre un opera ottima sotto tutti gli aspetti. Il libro è uscito questo mese nella collana regolare di Urania consiglio a chiunque sia interessato di affrettarsi a procurarselo prima che venga inevitabilmente ritirato dalle edicole. 

mercoledì 19 ottobre 2011

Riflessioni sulla fantascienza in Italia

A seguito di questo post comparso su Nocturnia e su suggerimento di Nick, l'autore dell'articolo, ho deciso di espandere il mio commento allo stesso e argomentare con maggior dettaglio il mio pensiero rispetto alla spinosa questione dello stato della fantascienza italiana. Sostanzialmente sono quattro i punti che trovo ricorrenti in tutte le discussioni sull'argomento e che ritengo meritevoli di essere discussi.


  1. Gli editori non hanno fiducia nella fantascienza e in particolare negli autori italiani e di conseguenza non vogliono rischiare nel pubblicarla 
  2. Il pubblico di lettori è un pubblico di nicchia in progressiva riduzione che non riesce ad attirare nuovi "adepti" specialmente tra i più giovani
  3. Gli autori italiani sono incapaci di scostarsi da modelli stranieri datati e quindi a dare al genere quella "nuova linfa" necessaria a creare interesse nel pubblico  
  4. Non esiste una diffusa critica professionale, quella presente è generalmente troppo interna per non essere nel migliore dei casi buonista e nel peggiore di parte


Come sempre succede in queste discussioni complesse ho poche risposte (forse nessuna) e molte domande, tuttavia credo che sia utile porle. 

Perché nessuno ha
approfittato e cavalcato
l'onda?
Riguardo al primo punto la domanda che mi pongo è: come mai di fronte al crescente interesse per la s-f su grande e piccolo schermo non corrisponda un proporzionale aumento dell'interesse per la s-f scritta? Mi sarei aspettato che di fronte a tutto ciò qualche editore lungimirante "fiutasse l'affare" tentando di lanciare qualche autore (anche non nostrano) con potenzialità commerciali, il recente lancio di autori fantasy (indipendentemente dalla qualità proposta) ha dimostrato che con le dovute operazioni di marketing anche la letteratura di genere può vendere. Ed il fantasy si è sicuramente visto meno in TV o al cinema. Certo, sicuramente una S-F "commerciale" difficilmente incontrerebbe i favori di appassionati come noi che animiamo la rete dei blog (quasi tremo all'idea di una versione fantascientifica de "le Cronache del Mondo Emerso"), ma sicuramente avvicinerebbe molti nuovi lettori. Sicuramente poi, a differenza di quanto si è visto nel Fantasy, sarebbe necessario che a supporto di opere maggiormente pubblicizzate ma di inferiore qualità seguissero poi una serie di opere di qualità superiore verso cui l'attenzione dello "zoccolo duro degli appassionati" e la critica specializzata dirotti progressivamente i nuovi lettori. In altre parole alle case editrici il compito di richiamarli creando una "moda", alle community di appassionati il compito di indirizzarli verso autori con contenuti più "alti" (e di conseguenza costringendo in parte gli editori a virare, anche solo parzialmente, su pubblicazioni con maggior spessore).

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Rispetto al secondo punto mi chiedo se non vi sia un eccessivo "elitarismo" da parte degli attuali lettori (ma anche scrittore ed editori) o meglio se non ci sia una eccessiva tendenza nel dividere la s-f ritenuta più colta o impegnata da quella ritenuta più da intrattenimento, prendiamo ad esempio il "fandom" di popolari serie o saghe come Star Trek, Star Wars o Battlestar Galactica: mi chiedo se il nutrito gruppo di persone che vi aderisce (quelle che vedi ai raduni in costume o che popolano siti e forum deidicati) sia un sottogruppo degli appassionati della s-f scritta (quindi già compresi in quei numeri che nel post citato prima Nick stimava approssimativamente attorno ai 20.000 ) o se lo sia solo parzialmente, se quindi non ci sia un bacino di potenziali lettori già appassionati di s-f in forme diverse da quella scritta non sfruttati e su cosa si possa eventualmente fare per avvicinarli. E' pur vero che, per quanto ad esempio adori Star Trek, non mi permetterei mai di avvicinarlo per contenuti ad un Vonnegut o ad un Lem, tuttavia è proprio da questa s-f più "abbordabile" che si dovrebbe cominciare a cercare nuove leve, sia per la ovvia diffusione sia per le potenzialità aggreganti che hanno questi fandom. Cito a riguardo il Delos Day/Italcon (l'annuale raduno degli appassionati di fantascienza Italiani) tenutosi nel 2011 a Milano, immagino che molti di coloro che leggono qui ed erano in zona ci siano stati. Nonostante la scelta di dividersi dalla realtà della Sticcon (la convention dei fan italiani di Star Trek) abbia creato una manifestazione molto più "seriosa" (che tra l'altro io ho apprezzato moltissimo) dall'altro ha forse peccato di quel elitarismo di cui dicevo in precedenza: a ben vedere vi erano moltissimi addetti ai lavori e pochi "lettori comuni" (bastava guardare i vari badge appesi, quelli dei visitatori erano in netta minoranza, ad esempio credo di essere stato l'unico ad aver seguito le relazioni dei Connettivisti che non fosse direttamente o indirettamente già legato al movimento) e cosa ancora più inquietante aveva un range di età in cui io, nonostante trentenne, potevo figurare come lo "sbarbato della situazione". Sicuramente questa divisione non è stata dettata da un atteggiamento snob, ma molto più probabilemente da ragioni logistico-organizzative, ciò non toglie che il risultato finale è stato quello di una manifestazione che per quanto ottimamente riuscita sotto molti aspetti ha molto probabilmente fallito l'obbiettivo di allargare la base degli appassionati. Vedo comunque che per l'anno prossimo le manifestazioni verranno (saggiamente, aggiungo io) riunite: forse sarà una manifestazione un po' più caciarona e meno  intellettuale, ma sono certo che sul lungo termine porterà maggiori vantaggi per tutti (sia appassionati che addetti ai lavori) dando l'opportunità, come probabilmente accadeva nelle precedenti edizioni, a chi magari vive soltanto nella realtà dei fandom di avvicinarsi ad una fantascienza meno di intrattenimento e più intellettuale (e magari permettendo a chi prende la fantascienza a tutti i costi sempre sul serio di rivalutare anche quella meno "nobile"). 

Secondo i fondatori del Cyberpunk
il movimento esaurisce il suo scopo
con questa raccolta di racconti
Riconosco anche che ci sia una certa difficoltà degli autori italiani di "adeguarsi ai tempi"; se nei primi anni 80 tempi il Cyberpunk era d'avanguardia mi sembra adesso leggermente retrò (ora che il world wide web è parte integrante della vita di tutti) fossilizzarsi ancora su certe tematiche: la forza della s-f è sempre stata quella di analizzare il presente parlando del futuro. Senza delle tematiche aggiornate ai tempi attuali è ben difficile secondo me creare qualcosa in cui non ci si identifichi solamente come lettore ma appunto come appartenente a qualcosa di più ampio che, trascendendo le semplici ore che passiamo a leggere e in qualche modo pervadendo anche altri aspetti della vita, vada a creare quello che può correttamente essere denominato un "movimento". Qualcosa che possa far appassionare non solo per la qualità di ciò che si legge (o in generale per un puro e semplice amore per la letteratura) ma che crei anche una sorta di "identificazione in un gruppo" (o in termini più terra-terra che crei una moda) che sostanzialmente è il movente primo che fa aggregare le persone in gruppi più ampi e che è fondamentale per attirare nuovi componenti. Trovo invece che la maggior parte delle produzioni attuali italiane segua ancora, sia a livello di temi discussi che di forma, ciò che Gibson e Sterling dichiararono già esaurito nel 1985 in una sorta di auto-celebrazione dei "bei tempi che furono". E' da notare questo proposito che l'attuale zoccolo duro dei lettori così come l'ultima generazione di autori (mi riferisco sempre all'Italia ovviamente) ha un'età minima che oscilla tra i tenta e trentacinque, l'età giusta per aver cominciato proprio con il Cyberpunk o almeno per appartenere a quella generazione che nel Cyberpunk poteva riconoscersi e quindi apprezzarlo e appassionarvisi. Forse questa non è una prova certa dell'inadeguatezza dei contenuti dell'attuale produzione italiana, tuttavia lo ritengo un indizio da non sottovalutare.

Arriviamo all'ultimo punto. Devo dire che considerato quanto detto prima non mi stupisco se la critica professionale è latitante o troppo buonista (ovviamente è un discorso generico, vi sono sicuramente singoli casi che lo sono ma che da soli non sono sufficienti a colmare le carenze). Con un mercato così ristretto è ovvio che la critica professionale lo sia ancor di più. Dopotutto chi fa critico di professione ha, esattamente come chi scrive, necessità di essere letto e nessuno può pretendere che una critica super-partes possa arrivare dall'esterno in queste condizioni. E' così normale che chi si occupa di critica attualmente sia anche chi pubblica, scrive o comunque lavora nel settore dalla fantascienza: è proprio tra questi soggetti che maggiormente si può trovare sia la competenza necessaria, sia soprattutto la passione visto che ora come ora non sono certo né il denaro o né la gloria che possono spingere qualcuno verso la critica letteraria di s-f. Questa commistione di ruoli (inevitabile fintanto che il settore non aumenterà di dimensioni) mi sembra spinga per onestà intellettuale ad evitare di discutere ampiamente di autori moderni italiani preferendo generalmente discutere dei grandi classici. E' perfettamente comprensibile che se la scena italiana fatica a decollare si preferisca evitare di creargli ulteriori ostacoli, quello che mi stupisce è che manchi una critica dettagliata verso gli autori stranieri contemporanei che permetterebbe di educare pubblico (e anche autori) nostrani ad una lettura più ragionata, senza però il rischio di tarpare le ali a scrittori italiani che, se forse ancora mostrano qualche difetto, posseggono ottime potenzialità. Sono certo che se e quando la nostra s-f avrà finalmente il suo periodo d'oro (o d'argento se vi piace essere cauti) di critici pronti a sezionare senza pietà i nostri autori ce ne saranno in abbondanza o forse fin troppi.

Concludendo (non temete sono quasi alla fine) voglio rilevare come tutti i problemi che ho indicato siano tra loro interconnesse e quindi in ultima analisi meno insormontabili di quanto possa sembrare a prima vista, basterebbe muovere i primi passi in una di queste quattro direzione e progressivamente anche le altre problematiche diminuirebbero di portata. Voglio poi specificare che a differenza di quanto possa sembrare da ciò che dico apprezzo abbastanza quanto avviene in Italia e che intravedo le prime avvisaglie dei miglioramenti che auspico: se ancora non se ne vedono i risultati è soltanto perché è un processo che richiede tempo per ingranare ma che quando lo farà procederà in maniera esponenziale. Per ultima cosa ricordo a chiunque mi abbia letto fin qui che queste sono le opinioni di un semplice appassionato, perfettamente opinabili e a loro volta criticabili, ma comunque espresse in totale buonafede, per passione e con il massimo rispetto per tutti coloro che lavorano costantemente per permettermi di leggere fantascienza. 

giovedì 13 ottobre 2011

Le Infernali Macchine Del Desiderio Del Dottor Hoffman

Titolo: Le Infernali Macchine Del Desiderio Del Dottor Hoffman

Autore: Angela Carter
Anno: 1972
Editore: Fanucci

La Capitale, grande metropoli di una non meglio definita nazione, è sotto l'assedio del dottor Hoffman. Quella di Hofmann non è però una guerra convenzionale: contro la città ha scatenato le sue mirabolanti macchine in grado di far materializzare i desideri reconditi di chi ne è vittima sommergendo la città di visioni e paralizzandone ogni attività. Il Ministero della Determinazione incarica quindi il giovane Desiderio di partire in incognito alla ricerca del dottore con lo scopo di assassinarlo. Ben presto la missione di Desiderio subirà una radicale modifica: da un lato l'accusa di un omicidio che non ha commesso lo trasformerà da agente del ministero in fuggitivo, dall'altro le continue comparse nelle sue visioni di Albertina, la seducente figlia del dottor Hoffman di cui Desiderio si innamora, muteranno la natura del suo viaggio trasformandolo in una continua ricerca del proprio posto, della propria identità e della amata Albertina.

"Le Infrnali Macchine Del Desdierio del Dottor Hofmann" è un libro aperto a diversi livelli di lettura che non potrà non stupirvi con la sua originalità mentre seguirete il viaggio di Desiderio attraverso i luoghi e le genti tanto bizzarre quanto spesso inquietanti che incontrerà fino a giungere alla conclusione che, seppur anticipata nel prologo (il libro è infatti un lungo flashback narrato in prima persona da Desiderio) non mancherà di sorprendere.

Numerose sono le tematiche che la Carter affronta: dal femminismo (elemento presente in tutte le sue opere), alla ricerca dell'identità e all'eterno conflitto tra ragione e desiderio facendo di questo libro un opera che, nonostante sia fortemente condizionato dalle tematiche del periodo storico in cui è stato scritto, rimane una lettura fondamentale per chiunque e che trascende le normali definizioni di genere rimanendo in bilico tra romanzo di viaggio (sia fisico che interiore) e letteratura fantastica.

mercoledì 12 ottobre 2011

Nuova sezione: Ebook Gratuiti

Da oggi troverete nella barra superiore il link alla pagina "Ebook Gratuiti" dove di volta in volta raccoglierò tutte i link ai siti che offrono legalmente e gratuitamente ebook gratis relativi agli argomenti trattati nel blog che riesco a trovare in giro per la rete, con particolare attenzione a quei siti che distribuiscono opere di autori emergenti italiani. Ritengo personalmente che qualsiasi iniziativa favorisca la circolazione libera e gratuita di libri (e più in generale di qualsiasi altra forma di cultura) sia encomiabile e meritevole di supporto e diffusione.

E' purtroppo noto a chiunque si interessi alla letteratura fantastica come la produzione italiana sia, almeno per quanto riguarda i canali ufficiali, in pieno stallo (per non dire in recessione). Trovo confortante vedere come invece vi sia un prolificare di auto-produzioni che, se non sempre qualitativamente al livello di prodotti editoriali maggiormente commerciali, almeno testimoniano come ci sia un embrione di rinascita "dal basso" che necessita certamente di essere supportato da noi appassionati affinché possa svilupparsi e portare ad una reale resurrezione della narrativa fantastica italiana.

Ad essere onesti negli ultimi anni noto che la situazione non è più così critica: vi sono stati svariati tentativi di editori maggiori di riportare in auge la letteratura di genere nostrana; alcuni hanno avuto successo mentre altri, purtroppo la maggior parte (a mio modesto parere ovviamente), sono stati fallimentari. Perché questo principio di focolaio non si risolva in un fuoco di paglia ritengo particolarmente utile sostenere tutte le auto-produzioni di cui parlavo prima, da un lato perché credo che per un autore emergente un riscontro del pubblico, anche quando negativo (purché sempre si rimanga nell'ambito della critica costruttiva), è essenziale per intraprendere un percorso di crescita e miglioramento; dall'altro perché il riscontro e l'interesse da parte della comunità degli appassionati in rete può servire da vetrina per gli editori che per comprensibili ragioni legate al rischio di impresa generalmente ignorano tali opere, di modo che possano essere maggiormente stimolati a prendere in considerazione autori emergenti che altrimenti rischierebbero di passare inosservati nonostante capacità e merito.

Detto questo vi esorto a segnalarmi sia siti che singole opere (che vi sono piaciute, di cui semplicemente avete avuto notizia o che avete scritto voi stessi) disponibili gratuitamente in rete, avrò sicuramente piacere ad aggiungerle all'elenco dei link. Da parte mia prometto, tempo permettendo, che quando mi sarà possibile leggerò e segnalerò tali opere nel mio blog facendo nel mio piccolo ciò che posso per sostenere la narrativa fantastica italiana.

martedì 11 ottobre 2011

Le Cronache di Ambra

Titolo: Le Cronache di Ambra

Autore: Roger Zelazny
Anno: 70-78 e 85-91
Editore: Fanucci


Un uomo si sveglia in un ospedale dopo un incidente d'auto, non ricorda il suo nome ne il suo passato, incomincerà quindi una ricerca alla scoperta di chi è e di ciò che gli è successo.  Partendo da quella che sembra una realtà ordinaria finirà per trovarsi presto ad attraversare universi paralleli e mondi alternativi. Scoprirà che non è un uomo come gli altri ma bensì uno dei nove principi del regno di Ambra: unica vera realtà esistente di cui tutti gli altri mondi (compreso il nostro) sono soltanto delle ombre. Comincerà così per Corwin (questo il nome del protagonista) una lunga lotta per il possesso del trono, reso vacante dopo la misteriosa scomparsa di suo padre Oberon, e conteso da molti dei suoi fratelli. 

Questo è l'inizio del primo libro della lunga saga concepita da Roger Zelazny che comprende due cicli composti ognuno da cinque libri, denominati "Ciclo di Corwin" e "Ciclo di Merlin" (dal nome dei protagonisti). Primo punto di forza della saga è l'universo creato da Zelazny, assolutamente originale e fuori dai soliti clichè del genere, a cui si aggiungono una serie di personaggi che escono dalla classica dicotomia buoni-cattivi così tipica dei romanzi fantasy di bassa qualità: i principi di Ambra sono infatti caratterizzati da personalità fortemente egoistiche le cui azioni sono sempre dettate dai propri interessi creando una trama fitta di alleanze di convenienza, cospirazioni e tradimenti.

Per chi ama il fantasy dai toni epici ma è stanco delle innumerevoli ambientazioni clonate da Tolkien le "Cronache Di Ambra" sono una ventata di aria fresca che non possono mancare nella collezione di ogni appassionato del genere.

Questo l'elenco completo dei volumi che formano la saga:

CICLO DI CORWIN

Nove principi in Ambra (Nine Princes in Amber, 1970) 
Le armi di Avalon (The Guns of Avalon, 1972) 
Il segno dell'unicorno (Sign of the Unicorn, 1975) 
La mano di Oberon (The Hand of Oberon, 1976) 
Le coorti del Caos (The Courts of Chaos, 1978) 

CICLO DI MERLIN

Ritorno ad Ambra (The Trumps of Doom, 1985) 
Il sangue di Ambra (The Blood of Amber, 1986) 
Il segno del caos (The Sign of Chaos, 1987) 
Il cavaliere delle ombre (The Knight of Shadows, 1990) 
Il principe del caos (Prince of Chaos, 1991) 

lunedì 10 ottobre 2011

La Nube Purpurea

Titolo: La Nube Purpurea

Autore: Matthew Phipps Shiel
Pubblicato: 1901
Editore: Adelphi

La nube purpurea è uno dei primi libri mai scritti di fantascienza apocalittica; essendo datato 1901 ovviamente l'estinzione della razza umana non deriva dall'olocausto nucleare ma da un ben più ordinario (se così si può dire) cataclisma naturale. Unico sopravvissuto alla tragedia che ha annichilito ogni essere vivente sul pianeta terra è Adam, salvo solo perché quando tutto avviene si trovava tra i ghiacci del polo nord. L'intero libro è il lungo viaggio sia letterale che figurato che il protagonista compie: letterale per la sua incessante ricerca di risposte su ciò che è realmente avvenuto e di eventuali sopravvissuti ma anche figurato per il percorso emotivo e psicologico causato dalla consapevolezza di essere l'ultimo essere vivente del pianeta. Ed è proprio ciò che accade nella psiche di Adam ad essere il punto di maggior interesse di tutto il romanzo, dalla disperata ricerca, alla rassegnazione fino ad arrivare all'orlo della follia che inevitabilmente la condizione di "ultimo uomo sulla terra" genera nell'animo di un uomo.

La trama meriterebbe maggior approfondimento: "La Nube Purpurea" è molto più di quanto detto in queste poche righe, tuttavia preferisco come sempre lasciare a voi scoprire cos'altro si nasconde tra le pagine e sopratutto nel finale (ma a ben vedere anche nel preludio) di questa mirabile opera senza tempo. Senza tempo perché a distanza di oltre un secolo continua ad essere perfettamente godibile tanto che se nessuno vi dicesse che è stata scritta nel 1901 non gli dareste più di venti o trent'anni.

Il romanzo scritto da Shiel non è solo un'opera che a tutti gli effetti può essere definita uno dei capostipite di quella prolifica branca della fantascienza che è il filone apocalittico ma è qualcosa che, anche a distanza di cento anni, non è mai stato superato tanto nella qualità della prosa che nella profondità dei contenuti.

venerdì 7 ottobre 2011

Strings

Titolo: Strings

Regia: Anders Rønnow Klarlund
Durata: 88 min.
Anno: 2004 

Hal Tara è il figlio del Kahro, signore della città di Hebalon, e suo erede al Trono. Quando il Kahro si suicida Hal viene scelto per prendere il suo posto. Tuttavia la lettera contenente le ultime parole del Kahro che Hal ritrova rivela una verità diversa: la sua morte non è affatto un suicidio ma il risultato di un complotto ordito dal regnante di una città rivale. Travestito da comune cittadino Hal inizierà così un lungo viaggio in cerca di vendetta. 

Questo è l'inizio di quella che solo a prima vista può sembrare una storia comune, Strings però è tutt'altro che banale: il mondo in cui si svolge questa storia è infatti popolato da sole marionette. E non intendo che è semplicemente girato utilizzando marionette anziché attori in carne ossa, ma che tutti coloro che popolano il mondo immaginato da Klarlund sono realmente marionette consapevoli di esserlo, il loro essere legati a fili che a milioni si perdono nel cielo fino ad arrivare alle mani di un ignoto grande marionettista influisce in ogni aspetto della loro vita e della loro società. Significativa più di tutte in questo senso è la scena della nascita: qui vediamo infatti due genitori scolpire amorevolmente un pezzo di legno in forma di neonato e attendere con pazienza che dal cielo cadano i fili che, una volta collegati al nascituro, gli daranno vita.

L'abilità di Bernd Ogrodnik, indiscusso maestro marionettista che qui dirige il team di animatori, unita alle suggestive scenografia, ad una fotografia ed una regia di ottima qualità fanno di Strings un vero capolavoro cinematografico. Un film che saprà tenervi incollati allo schermo e stupirvi da quanto, pur essendo interpretato da marionette, riesce a instaurare un rapporto di empatia tra protagonisti e spettatore che è raro trovare anche in film con attori in carne ed ossa.

Mi sembra quasi superfluo specificare che un'opera così particolare ed innovativa non ha avuto distribuzione nel nostro paese, a dispetto dei numerosi riconoscimenti avuti nel resto d'Europa.

giovedì 29 settembre 2011

Aldebaran (Ciclo di Aldebaran)

Copertina dell'edizione Planeta DeAgostini
Titolo: Aldebaran

Storia: Leo
Disegni: Leo
Anno: 2002

Primo capitolo della omonima trilogia (composta oltre che dallo stesso Aldebaran da Beteljuese e Antares), Aldebaran è uno dei più interessanti e piacevoli fumetti di fantascienza che abbia avuto modo di leggere ultimamente, una storia di viaggio e avventura alla ricerca delle risposte ad un grande mistero scritta e disegnata dal brasiliano Leo (pseudonimo di Luis Eduardo de Oliviero)

Questo primo capitolo della saga è ambientato sul pianeta Aldebaran, colonia perduta che ha perso i contatti con la terra da più di un secolo, la tranquilla vita di un villaggio di pescatori viene disturbata da inquietanti avvenimenti, prima scomapiono tutti i pesci, poi la visita di uno straniero che prova senza successo a convincere gli abitanti a lasciare le loro case per qualche giorno temendo che una grave minaccia possa abbattersi sul villaggio, infine il misterioso solidificarsi dell'acqua del mare. Questi sono i fatti che fanno da preludio all'avventura di Marc e Kim, due giovani ragazzi sopravvissuti al flagello che distruggerà, come predetto dal misterioso straniero, il loro villaggio. Assisteremo quindi al viaggio dei due giovani attraverso i paesaggi alieni, le bizzarre creature e la società di Aldebaran, addentrandoci sempre più nei misteri del pianeta. 

Una tavola del fumetto
E' proprio nel concepire e disegnare paesaggi e creature aliene che Leo mostra le sue milgiori qualità di autore e disegnatore, creando un mondo che ci colpirà sia per la sua orignialità che per la sua coerenza, questo però non faccia pensare che l'interccio narrativo sia di qualità inferiore: la storia saprà tenervi incollati alle pagine nell'attesa di scoprire ciò che ne sarà dei protagonisti e soprattutto quale segreto nasconde il pianeta Aldebaran. Finito questo capitolo non portrete fare a meno di leggere il seguente (anche se la storia è pienamente fruibile anche da sola e non necessita obbligatoriamente l'acquisto dei volumi successivi in quanto autoconclusiva).

mercoledì 28 settembre 2011

A Boy and His Dog

Titolo: A Boy and His Dog

Regia: L.Q. Jones
Durata: 91min
Anno: 1975

Tratto da un romanzo di Harlan Ellison (a cui seguirà anche una Graphic Novel) A Boy and His Dog è uno dei più interessanti e meglio riusciti film sul dopobomba, pellicola che riesce insieme ad essere sia cinica che divertente tratteggiando con particolare crudezza una società allo sbando dove vige la regola "cane mangia cane".

La storia è ambientata in un linea temporale alternativa che parte dal fallimento dell'attentato a Kennedy passando per la terza e quarta guerra mondiale e il conseguente olocausto nucleare, per arrivare alcuni decenni dopo al tempo in cui si svolgono i fatti narrati. Protagonisti sono il giovane Vic e Blood, un cane geneticamente modificato dotato di intelligenza umana ed in grado di comunicare telepaticamente. I due vagabondano insieme per ciò che resta degli Stati Uniti alle prese con le elementari necessità di sopravvivenza in una sorta di società di mutuo supporto: Vic procura il cibo per Blood e Blood individua le femmine per Vic, unica cosa che sembra motivare il ragazzo.

Nonostante molti aspetti dell'ambientazione presenti nel libro nel film siano tralasciati, come ad esempio da dove derivino le capacità telepatiche di Blood (nel film si accenna solo a indefiniti "esperimenti scienfici" mentre nel libro vengono descritti con maggior precisione) o gli eventi che hanno portato ad un veloce sviluppo della robotica e alla creazione di androidi, il film risulta pienamente comprensibile anche a chi non conoscesse il romanzo.

Punto di forza sono i due protagonisti: personaggi ottimamente tratteggiati e verosimili (rispetto al contesto in cui sono inseriti ovviamente) che suscitano immediatamente empatia con lo spettatore nonostante la loro amoralità. Attorno al loro rapporto, più simile ad una relazione padre-figlio che cane-padrone, è costruita tutta la trama che, nonostante sia fondamentalmente una storia sull'amicizia, riesce a non essera mai nè scontata nè qualunquista.

martedì 27 settembre 2011

Quintet

Locandina orginale del film
Titolo: Quintet

Regia: Robert Altman
Durata: 114min
Anno di Produzione: 1979

In un imprecisato futuro la terra è alle soglie di una nuova era glaciale, gli animali sono praticamente estinti e i pochi uomini sopravvissuti vivono in quello che rimane delle ultime grandi città. E' proprio in una di queste città che il protagonista, un cacciatore di foche di nome Essex, ritorna dopo anni di assenza spinto dall'impossibilità di vivere ancora all'esterno dopo che anche l'ultimo animale sembra essere estinto. Qui troverà una popolazione rassegnata all'estinzione a causa della sterilità che ormai ha colpito tutti gli abitanti e dalla conseguente futilità di qualsiasi tentativo di ricostruire una civiltà. Unica attività che sembra interessare agli abitanti della città è il Quintet: un gioco d'azzardo attorno al quale sembra girare ogni aspetto della vita della megalopoli, ma quello del Quintet è ben più di un semplice gioco o passatempo come Essex avrà modo di scoprire ben presto.

Quando un regista come Robert Altman decide di misurarsi con la fantascienza il risultato non può che essere un film che va oltre la cinematografia di genere, Quintet è infatti una perllicola che sicuramente può essere apprezzata anche a chi solitamente non è avvezzo a certe tematiche, il film inoltre è reso ancor più memorabile dalla presenza di due attori del calibro di Paul Newman nel ruolo del protagonista e di Vittorio Gassman in quello dell'antagonista. A questo cast di rilievo si aggiungono poi una scenografia particolarmente efficacie nel trasmettere il senso di crepuscolo della civiltà (il film è girato in una ex base militare in Alaska), una scelta di costumi in stile rinascimentale che aumentano ancor di più l'idea di una società decadente e soprattutto una sceneggiatura che riesce ad intrattenere ma anche a introdurre alcune riflessioni filosofiche tramite la metafora che il gioco del Quintet rappresenta. 

Degna di nota anche la scelta di Altman di apporre appositi filtri davanti ad ogni camera in modo da rendere sfocato tutto ciò che si trova ai margini del campo di ripresa, con il risultato che per tutto il fim ci parrà di osservare le scene attraverso una lente parzialmente congelata senza però che questo renda il film meno godibile ma anzi alimentando la sensazione di assistere agli ultimi giorni del mondo, il tutto coaudiuvato da una colonna sonora sempre adeguata nel seguire le varie fasi della trama.

lunedì 26 settembre 2011

Jin Roh: Uomini e Lupi

Copertina del DVD italiano
Titolo: Jin-Roh: Uomini e lupi (Jin-Roh)

Regia: Hiroyuki Okiura
Anno: 1999
Durata: 98min

Ambientato nell'universo fittizio di Kerberos Saga, nato prima come radiodramma e successivamente messo sullo schermo in due film dal vivo (per la regia mi Mamoru Oshii) questo capitolo si pone cronologicamente prima dei due film, nonostante però faccia parte di una ampia saga è comunque un'opera totalmente fruibile anche da chi non avesse conoscenza dei suoi predecessori.

Quello di Jin Roh è versione alternativa del giappone degli anni '60 in cui l'occupazione del dopoguerra non è stata ad opera degli Americani ma bensì dei Tedeschi, occupazione ormai conclusa da un decennio ma che ha lasciato profonde tracce nella cultura e nella società giapponese. Protagonista di questa storia è Fuse, un membro dei Kerebros Korps, un corpo della polizia a metà tra l'antisommossa e l'antiterrorismo che, dapprima fedele e devoto soldato, dovrà mettere in discussione i suoi valori e quelli dell'istituzione per cui lavora iniziando per la prima volta a porsi delle domande sul suo operato.

Nonostante vi siamo molti riferimenti al passato politico giapponese anche chi non conosce la storia recente del paese del sol levante può sicuramente apprezzare questo film le cui tematiche risultano comunque universalmente comprensibili. Anche se non mancano alcune scene d'azione Jin-Roh si avvicina molto di più ad un dramma psicologico o ad un thriller, presentandoci una storia che ci rimarrà impressa più per la sua componente emotiva che non per quella adrenalinica (comunque pregevole).

Questo lungometraggio, prodotto dal noto studio I.G Production è un esempio della migliore animazione giapponese, sia a livello di contenuti che di tecnica. Realizzato  quasi completamente con metodi tradizionali e solo alcuni interventi minimi di rielaborazione digitale, studiati per essere assolutamente non invasivi rendendo praticamente impossibile notare dove questi siano stati effettuati. Degna di nota anche l'ottima colonna sonora.

venerdì 12 agosto 2011

La Voce Del Padrone

La Voce Del Padrone

Stanislaw Lem
Pubblicato: 1698
Editore: Bollati Boringhieri
Quando viene individuato, nascosto nel rumore di fondo dell'universo, un messaggio alieno proveniente dalla costellazione del Cane Minore, il governo americano da il via al segretissimo progetto "Voce Del Padrone". In mezzo al deserto del Nevada viene quindi attrezzata una città/laboratorio dove migliaia di esperti e scienziati si mettono all'opera per decifrare il misterioso messaggio. Uno di essi raccoglie a distanza di anni le sue memorie sul progetto in un diario.

E' proprio nella forma del diario che Lem ci presenta questo interessante romanzo, ennesimo capolavoro dell'autore polacco, pubblicato per la prima volta nel 1968 ma rimasto fino a poco tempo inedito in Italia. La Voce Del Padrone è un libro che pur rientrando a pieno titolo nella categoria della fantascienza stravolge le regole tipiche del genere. La forma particolare in cui è presentato e il ritmo lento possono risultare ostici a chi è abituato a forme più standardizzate di narrazione, tuttavia superato questo primo scoglio il libro si rivela, come tipico dei romanzi Lem, un'opera che si distacca dai canoni standard della narrativa andando ad intrecciare una storia in cui il messaggio alieno diventa quasi una scusa per una disgressione in chiave satirica sugli uomini di scienza e sul rapporto tra l'uomo e la ricerca, una critica a come l'uomo moderno si relazione alla scienza e alla tecnologia e su come queste si stiano trasformando da mezzo a fine ultimo di se stesse.

martedì 28 giugno 2011

The Road

Titolo: The Road

Regia: Jhon Hillcoat
Anno: 2009
Durata: 119min

Sono passati 14 anni dalla catastrofe che ha quasi estinto la razza umana e completamente annichilito ogni forma di flora e fauna. I pochi superstiti si dividono tra i disperati che, persa ogni speranza, attendono l'inevitabile fine e coloro che hanno deciso di rinunciare a qualsiasi brandello di umanità pur di sopravvivere. Un padre e un figlio (di cui per tutta la pellicola ignoreremo il nome) decidono di dirigersi verso sud nella speranza di raggiungere la costa dove trovare qualcosa che sia scampato al disastro o almeno un ultimo barlume di civiltà. Iniziano così un lungo ed estenuante viaggio tra paesaggi lugubri e ricoperti di cenere, grigi tanto quanto le persone che vi vivono o meglio, vi sopravvivono.

"The Road" è un film estremamente crudo e diretto, la disperazione di chi ancora cerca di comportarsi da essere umano così come l'immoralità di chi per sopravvivere ha scelto di diventare bestia vengono sbattuti in faccia allo spettatore senza filtri ne velature in una storia che come tema ha, ancor prima della lotta per la sopravvivenza contro un ambiente totalmente ostile, quello della lotta contro se stessi per mantenere la propria moralità.

Come nel romanzo anche nel film le ragioni del disastro non vengono spiegate, lo scopo fondamentale non è infatti quello di esprimere giudizi pessimistici sul progresso e le scienze come accade in molti libri e film post-apocalittici ma bensì quello di domandarsi quanto il nostro concetto di morale sia intrinseco nella nostra natura di presunto animale superiore o quanto invece sia un costrutto artificiale della cosidetta società civile.

Il film è tratto dall'omonimo libro di Cromac McCarty (già autore de "Non è Un Paese Per Vecchi") e che gli valse nel 2007 il premio Pulitzer. La pellicola di Hillcoat è una fedele trasposizione del romanzo seppur con qualche licenza, come ad esempio una maggior presenza del personaggio della madre (interpretato da Charlize Theron). Estremamente appropriata la fotografia e la scelta delle location come la colonna sonora ad opera di Nick Cave e Warren Ellis.Ottimi anche Viggo Mortensen nel ruolo del padre, probabilmente alla sua interpretazione meglio riuscita,  e il giovane Kodi Smit-McPhee in quello del figlio.