mercoledì 27 aprile 2011

Chiaki J. Konaka, dal Cyberpunk ai Mecha l'innovazione arriva dal Sol Levante

Il Paese Del Sol Levante è da sempre origine di molte innovative storie di fantascienza, nonostante una tradizione letteraria non eccessivamente radicata (e praticamente sconosciuta in occidente) il Giappone è da più di sessant'anni che tramite una prolifera produzione di Manga e Anime si cimenta nel campo del fantastico. Anche se spesso l'animazione giapponese viene erroneamente identificata con robot giganti guidati da adolescenti vi si possono trovare punte di eccellenza da cui il mercato occidentale avrebbe solo da imparare.

Cover del primo DVD di
"serial experimental lain"
Un autore sopra tutti è particolarmente rappresentativo di queste tendenze innovative: si tratta dello scrittore e sceneggiatore Chiaki J. Konaka. Sua opera più nota e famosa è sicuramente "serial experimental lain" (1998) ainme in 13 episodi (regia di Ryutaro Nakamura e character design ad opera di Yoshitoshi ABe ) comunemente riconosciuto come una delle serie d'avanguardia che hanno riscritto il modo di concepire gli Anime. Qui le più classiche tematiche del filone Cyberpunk vengono rielaborate e sapientemente mescolate con riferimenti alla storia dell'informatica, le teorie della cospirazione e alla filosofia in una serie che non lesina citazioni ed omaggi ai classici meritandosi a pieno titolo d'esser considerata una delle migliori opere di Cyberpunk anche al di fuori dell'ambito della animazione pura e semplice.

Cover del DVD di "Texhnolyze"
Torna ancora a cimentarsi con il Cyberpunk nel 2003 con l'anime Texhnolyze, (sempre con il character design di Yoshitoshi ABe ma stavolta con la regia di Hiroshi Hamasaki) serie dai toni ancora più angoscianti di "lain". Qui sullo sfondo di architetture e ambienti tanto cupi quanto inquietanti si muovono un pugile di strada fallito e uno scienziato dalle origini ignote le cui vite e storie sono legate alle "Thexnolyze" rivoluzionarie protesi cibernetiche che consentono di rimpiazzare arti e organi persi incidentalmente o deteriorate dall'incedere dell'età a patto di potersi permettere regolarmente la "Raffia": rara sostanza necessaria ad evitare il rigetto. 

Cover del DVD di "Big O"
Ma non è solo con il sottogenere del Cyberpunk che Konaka riesce a distinguersi: anche quando deve affrontare tematiche più classiche come quella del "Mecha" rompe  gli schemi tradizionali proponendoci una serie come "Big O" in cui lo stereotipo del robot gigante viene rielaborato insieme a tematiche molto più affini alla fantascienza moderna senza però rinunciare alla leggerezza tipica di tutto questa serie di produzioni. La serie è ambientata nella città di Pradigm City in un mondo in cui qurant'anni prima tutta la popolazione ha perso contemporaneamente la memoria per ragioni ignote, nonostante questo gli abitanti della megalopoli (completamente isolata dal mondo esterno) hanno rimparato ad utilizzare alcune delle tecnologie del passato seppur non comprendendone appieno il funzionamento. Tra queste tecnologie vi sono anche quelle necessarie a costruire robot giganti come il "Big O" macchina da guerra antropomorfa guidata da Roger Smith, dandy miliardario amante del brivido la cui caratterizzazione è esplicito omaggio al personaggio di Bruce Wayne.

Nemmeno quando si tratta di Koketsu (i telefilm giapponesi di supereroi in costume) pur dovendo rimanere nei canoni del genere Konaka riesce a concepire una trama e dei personaggi decisamente più complessi ed articolati rispetto agli standard creando un genere di intrattenimento che, seppur concepito per un pubblico giovane, gode di una struttura narrativa degna di opere ben più adulte, facendo di Ultraman Gaia (1999) la più interessante di tutte le rivisitazioni del noto personaggio. 

Cover del DVD di "Ghost Hound"
Konaka non delude neanche quando si esula dalla science-fiction pura e si tratta di mischiare soprannaturale e scienza, c'è infatti la sua firma dietro la sceneggiatura dell'interessante serie "Ghost Hound" (2007) prodotta dal celebre studio I.G sotto la supervisione di Masamune Shirow (a cui si deve il concept originale della serie) e dove Konaka collabora per la terza volta con il character designer Yoshitoshi ABe. Qui le tematiche spaziano dalle esperienze extracorporee al folklore sugli spiriti giapponesi passando dalla psicologia moderna e dalla neurologia per una storia a cavallo tra thriller, horror e science-fiction.


Immagine preparata per la Light Novel
di "Despera"
Nel 2009 venne annunciata "Despera" serie che avrebbe dovuto veder finalmente riunito il trio che diede alla luce "serial experimental lain", ossia Kanaka alla sceneggiatura, ABe al chracter design e Nakamura alla regia. Putroppo nel 2010 verrà sospesa a tempo indeterminato a causa delle condizioni di salute di Nakamura, nonostante sia stato più volte rassicurato il pubblico che la serie vedrà al più presto la luce non esiste ancora una data ufficiale della futura messa in onda.

giovedì 21 aprile 2011

Hollywood e la Sindrome Cronica da Mancanza di Idee Originali

Di fronte al ritorno in auge del genere fantascientifico sul grande schermo tutte le più grandi case di produzione, probabilmente afflitte da ciò che si potrebbe descrivere come una "sindrome cronica da mancanza di idee originali", sono corse ai ripari adottando bene o male tutte la medesima soluzione: prendere una storia (poco importa se un altro film o un libro) che abbia già avuto successo riempirla di computer graphic, effetti speciali, esplosioni e magari propinarcelo in 3D, badando prima a "rimodernizzare" il tutto per renderlo più appettibile al pubblico di oggi. Nove volte su dieci il risultato è uno squallido e inutile film che dell'opera da cui pretende di essere tratto ha a malapena il titolo ("Io, Robot") o che ne snatura completamente il senso ("Io Sono Leggenda", "La Guerra dei Mondi", "Ultimatum alla Terra") e che avrà come unico risultato quello di denigrare l'opera originale e di deludere gli appassionati. Ci sono due modi fondamentali in cui questa mancanza di idee si manifesta: l'adattamento cinematografico e il remake, nel proseguo di questo articolo vi illustrerò tutto i film di fantascienza di prossima uscita che rientrano in queste due categorie (che tristemente comprendono il 99% dei film di fantascienza attualmente in produzione).

Cominciamo quindi con una lunga lista di prossimi adattamenti cinematografici e le perplessità che li accompagnano. Partirò dal peggio del peggio in assoluto, lo faccio perché almeno tutte le notizie che vi fornirò in seguito se paragonate a questa non sembreranno poi così tanto tragiche. Roland Eimerich dirigerà l'adattamento cinematografico del "Ciclo della Fondazione" di Isaac Asimov. Non è certo cosa semplice trasportare la complessità e lo spessore dell'opera più famosa di Asimov in un film (o meglio in tre film dato che a quanto pare si tratterà di una trilogia, ovviamente in 3D), per una impresa di queste proporzioni sono necessari uno sceneggiatore ed un regista veramente capaci. Qui abbiamo come regista Roland Emmerich, autore di pellicole che di complesso e profondo hanno ben poco come ad esempio "Indipendence Day" o l'orribile remake di "Godzilla" (ma non dimentichiamo anche "2012" o "The Day after Tomorrow") e come sceneggiatore Robert Rodat che con Emmerich aveva lavorato allo scadente "The Patriot" e che per lui revisionò la sceneggiatura di "10.000bc" altro film dalle pretese tanto alte quanto scadente nella sostanza. Con queste premesse c'è da aspettarsi il peggio ma c'è ancora una flebile speranza, anche se confermato il progetto non è ancora partito (non c'è ancora la sceneggiatura definitiva) quindi incrociate le dita perché fa ancora in tempo a naufragare.

Ora che vi ho anticipato il peggio posso continuare con tutti gli altri adattamenti che rischiano di essere sotto la soglia decenza e che vedremo sul grande schermo nei prossimi mesi. Iniziamo con "Le Cronache Marziane", celebre libro di Bradbury considerato una delle opere più significative della fantascienza letteraria, che è finito nelle mani di John Davis, produttore che ci ha regalato perle come "Io, Robot", "Alien vs Predator" (sia il primo che il secondo) "Paychek" e "Waterworld" (citando giusto i titoli di fantascienza ma si potrebbero benissimo aggiungere film come "Gardfiled" o il "Dr Dolittle 2"). C'è ancora riserbo sul nome del regista e dello sceneggiatore; per la versione televisiva degli anni 80 venne chiamato lo scrittore di fantascienza Richard Matheson (autore tra gli altri del libro "Io Sono Leggenda"). Sarà Jhon Davis così lungimirante da chiamare alla sceneggiatura qualcuno che veramente si intende di fantascienza come venne fatto trent'anni fa? Sinceramente lo spero ma visti i trascorsi di Davis ho il terrore che rimarrà soltanto una speranza.

E dopo Asimov e Bradbury tocca a Ballard rischiare di venir martoriato tra gli ingranaggi della macchina Hollywoodiana: "L'isola di cemento" diventerà infatti un film per la regia di Brad Anderson ("The Machinist") e la sceneggiatura di Scott Kosar che oltre ad aver lavorato con Anderson per "The Machinist" è dietro a due remake tanto superflui quanto insignificanti come "The Texas Chainsaw Massacre" e "The Amityville Horror". Non è al sicuro nemmeno Edward Rice Burroghs, la cui opera più famosa, "Jhon Carter di Marte" diverrà una trilogia prodotta dalla Disney che ne ha affidato la regia a Andrew Stanton. Senza nulla togliere alle capacità professionali di Santon è forse eccessivo dare in mano un progetto così ambizioso e complesso ad un regista che fino ad ora si è cimentato in titoli come "Wall-E", "Alla Ricerca di Nemo" e "A Bug's Life" e che prima d'ora non ha mai lavorato con attori in carne ed ossa. Un filo di speranza si accende però nel sapere che la sceneggiatura è stata revisionata da Michael Chabon, pluripremiato autore di fantascienza (autore tra le altre cose del geniale libro "Il Sindacato dei Polizziotti Yddish"). A breve sui grandi schermi anche "An Old Man's War" tratto dalla saga (ancora inedita in Italia) di Jhon Scalzi, autore più volte vincitore del Premio Hugo, qui il nome dello sceneggiatore è ancora ignoto ma sapere che la regia sarà affidata a Wolfgang Petersen ("Nel centro del mirino", "Air Force One", "Troy") non fa sperare per il meglio.

Non sono però solo le opere letterarie ad essere vittime dello sciacallaggio Hollywoodiano: già da anni si parla di una versione cinematografica dello splendido manga di Otomo "Akira" ed è ormai dato per certo che i film (sembra confermato che saranno due pellicole) vedranno la luce a partire dal 2013, la regia sarà affidata ai fratelli Huges già registi del gradevole se pur non eccelso adattamento cinematografico della graphic novel "From Hell" ("La Vera Storia di Jack Lo Squartatore) ma anche dell'insigificante "Codice Genesi". Qualche speranza in più sul fronte della sceneggiatura che è stata scritta da Mark Fergus e Hawk Otsby ("I Figli degli Uomini"), speranza che però vacilla di fronte alla notizia della decisione di "americanizzare" la storia spostandola da Neo Tokio a New Manhattan. Non che la cosa in sè sia eccessivamente grave, tuttavia viene da chiedersi quante e quali altre modifiche verranno apportate per rendere il film più appettibile al pubblico statunitense. Altro progetto di cui si parla da anni è la versione di James Cameron dal manga Alita (di Yukito Kishiro) che attualmente solo una idea nella testa di Cameron dove molti (me compreso) sperano vivamente che resti per sempre (e dove in ogni caso resterà sicuramente fino al 2016 dato che il regista sarà impegnato fino a quella data con Avatar 2 e 3)

Per fortuna non tutti gli adattamenti cinematografici che ci attendono sarranno blockbuster senz'anima, vi sono alcuni progetti di prossima realizzazione le cui premesse fanno ben sperare. E' il caso ad esempio della trasposizione de "Il Condominio" di Ballard (titolo originale "High Rise"): il fatto che sia prodotto da Guillermo del Toro è già di per sè una garanzia di qualità e anche la regia affidata al canadese Vincenzo Natali ("The Cube" e "Splice") fa sperare in ottimo prodotto con un alto livello di fedeltà all'opera originale. Va poi segnalato anche "Golden Age", adattamento di un fumetto di Jonathan Ross che ha avrà come regista Mattew Vaughn il quale già in passato si è dimostrato molto abile nelle trasposizioni da fumetto a pellicola con l'ottimo "Kick Ass". Anche "Capitan Futuro", personaggio inventato negli anni '40 da Edmond Hamilton che negli anni '80 diventò anche un anime dal titolo omonimo ("Captain Fucha" nella versione originale giapponese) raggiungerà il grande schermo, la regia è in mano a Christian Alvart, il cui recente film "Pandorum" è forse uno dei migliori film di fantascienza degli ultimi cinque anni.

Si conclude così la lunga serie di adattamenti cinematografici di prossima produzione, ma la fiera della mancanza d'idee è tutt'altro che conclusa perché sono in arrivo numerosi (e quasi sicuramente superflui) remake di passati successi. E' infatti notizia recente che la Summit Entertainment ha acquistato i diritti per il remake di Highlander e ne ha affidato la regia a Justin Lin (regista di tutti i sequel di Fast & Furios) e la sceneggiatura a Art Marcum e Matt Holloway ("Iron Man"). Sarà poi la volta di "Atto di Forza" che avrà come regista Len Wiseman (noto per l'inguardabile trilogia di "underworld") di fronte al quale non bastano le rassicurazioni di Collin Farrel (che avrà il ruolo che a suo tempo fu di schwarzenegger) su quanto questa nuova versione sarà molto più fedele al racconto originale di Philip K. Dick ("We Can Remember It For You Wholesale"). E' praticamene già nelle sale "Rise of The Planet of Planet of The Apes" per la regia di Rupert Wyatt, in questo caso pare non si tratti di un vero e proprio remake in quanto la storia non ricalcherà nessuno dei precedenti film ma sarà una sorta di reboot per una nuova serie. Riuscirà Rupert Wyatt a fare peggio di quanto ha fatto Tim Burton con "Planet of the apes"? non è certo facile ma date le premsse non lo escluderei a priori.C'è poi il classicissimo "Il Pianeta Proibito" di cui Joseph M. Straczynski (l'ideatore della serie Babylon 5) sta riscrivendo la sceneggiatura. 

Anche sul piano dei remake qualche speranza di veder qualcosa di buono c'è ad esempio Josh Zetemer, uno sceneggiatore considerato la giovane promessa di Hollywood, dopo la chiusura del progetto che prevedeva il remake di Dune si sta dedicando a riscrive Robocop in vista della nuova edizione la cui regia sarà affidata al brasiliano Josè Padilha, regista del film Tropa de Elite, pellicola poco noto in Europa ma che in Brasile è diventata cult. Il danese Nicolas Winding Refn ha invece in mano la regia del remake di "La Fuga di Logan" ("Logan's run") la cui sceneggiatura è stata saggiamente affidata allo scrittore di fantascienza Alex Garland (autore dei romanzi "The Tesserecat" e "The Coma" e già sceneggiatore di "28 giorni dopo") il quale rassicura i fun che il nuovo film sarà ancor più fedele al libro originale (romanzo scritto da William F. Nolan e George Clayton Johnson dall'omonimo titolo) di quanto non fosse la prima versione del 1976.

Sicuramente ci sono molti altri titoli che mi sono sfuggiti, spero che da questo lungo elenco quelli che mancano siano i più promettenti e non i peggiori ma il mio intrinseco pessimismo mi spinge a temere il contrario, proprio mentre scrivo queste riche mi giunge notizia che la Alcon Entertainment ha acquisito i diritti per produrre il sequel, il prequel e la serie TV di Blade Runner, ma è una notizia troppo sconfortante per parlarne più dettagliatamente.

mercoledì 20 aprile 2011

L'arte irriverente di Phil Mulloy

Copertina dell'edizione francese della
Trilogia di Intolerance

Definire “disturbante” la produzione artistica di un autore non è quello che generalmente si chiama fare un complimento, a meno che l’artista in questione sia il regista e animatore britannico Phil Mulloy. Mi sono sempre considerato uno dallo stomaco forte ma devo ammettere che la prima volta che vidi la trilogia di Intolerance ho dovuto più volte resistere all’impulso di distogliere lo sguardo dallo schermo durante le scene più estreme, fortunatamente ho resistito al disgusto iniziale (disgusto voluto e volontariamente provocato dall’autore) potendo così apprezzare pienamente i meriti artistici di questo capolavoro di animazione e successivamente di tutta la produzione artistica di Mulloy.


Ogni lavoro di Mulloy è immediatamente riconoscibile per lo stile caratteristico che lo contraddistingue e che lo stesso autore indica essere frutto di “una precisa ricerca non estetica”: il disegno minimalista composto da uomini simili a scheletri, i volti simili a maschere grottesche con i denti sempre esposti e le orbite spesso senza pupille sempre contrapposti a sfondi monocromatici non sono soltanto la firma stilistica dell’autore ma hanno una precisa funzione di supporto al messaggio: ottengono infatti il risultato di far immediatamente disprezzare i protagonisti, di farli identificare già dal primo sguardo come creature abbiette e deprecabili, andando ad anticipare tramite le immagini ciò che la trama racconterà attraverso l’intreccio narrativo.

Una scena tratta da Cowboys
Sesso e religione sono le principali tematiche che Mulloy affronta; anche sodomia, zoofilia, infanticidio sono elementi ricorrenti che vengono mostrati con una crudezza che ha pochi equivalenti al mondo. Non c’è nulla di velato e non ci sono vaghe allusioni: tutto i più bassi istinti umani vengono brutalmente mostrati senza alcun filtro e senza preoccuparsi di urtare la sensibilità dello spettatore che anzi è l’obbiettivo primo di Mulloy. Non si pensi però che sia volgarità fine a se stessa: il disgusto che durante i suoi corti si prova per le immagini e le storie raccontate non ti si stacca di dosso a proiezione finita ma si trasforma nel disgusto per tutte quelle dinamiche sociali che sono di volta in volta oggetto di critica, rendendo così estremamente efficace la comunicazione del messaggio che Mulloy vuole esprimere.

Scena tratta da Intolerance I
Tutta la produzione artistica di Mulloy è valida e meritevole tuttavia vi sono alcune opere che più di altre necessitano di essere viste per comprendere pienamente il suo percorso artistico a cominciare da “Cowboys” (1991) una serie di corti composta da sei episodi di circa tre minuti l’uno in cui viene esposta un forte critica al conformismo e all’ipocrisia della società occidentale passando poi per “Ten Commandements” dieci corti prodotti tra il 1994 e il 1996 in cui il bersaglio è la religione, per arrivare infine alla trilogia di Intolerance, forse l’opera più rappresentativa di Mulloy.

Un'altra scena tratta da Cowboys
Intolerance è una storia composta in tre parti (Intolerance I – 2000, Intolerance II – 2001 e Intolerance The Final Solution – 2004) dove il tema principale è la paura del diverso, la storia comincia con il ritrovamento nello spazio di una bobina contente un documentario sugli abitanti del lontano pianeta Zorg, persone molto simili a noi se non per una sostanziale differenza: hanno i genitali al posto della testa e viceversa. Da questa particolarità anatomica derivano poi una serie di abitudini che agli occhi dei terrestri risultano immediatamente oscene causando un’ondata di intolleranza che sfocerà dapprima nel rogo della pellicola ed infine in una vera e propria crociata con lo scopo di sterminare gli abitanti del pianeta Zorg. Da queste premesse si dipana una trama che sarà capace di stupirci per tutta la durata complessiva della trilogia (50 minuti circa) fino ad una conclusione tanto geniale quanto inattesa.

L’opera di Mulloy purtroppo non è reperibile sul territorio italiano, è possibile comunque acquistare tramite il sito dell’autore i due DVD attualmente disponibili: Exterme Animation che contiene tutti i corti prodotti dal 1991 al 2001 e Intolerance The Trilogy contenente i tre episodi della serie. E’ da segnalare anche il recente Goodbye Mr.Christie (2010) primo vero lungometraggio di Mulloy attualmente non ancora disponibile nel mercato home video. Chi ha dimestichezza con l’idioma anglosassone può trovare qui una audio intervista di alcuni anni fa comparsa sul sito di frame per second, mentre questa la pagina di IMDd dove è possibile trovare la filmografia completa.

Questo articolo è stato pubblicato per la prima volta sul sito Mente Digitale (questo il link all'articolo) nella barra laterale potete trovare il link alla homepage del blog dell'amico William J.

Baccano!

Titolo: Baccano!

Regia: Takahiro Omori
Numero episodi: 16 (23min l'uno)
Anno di produzione: 2007


Spiegare la trama di Baccano, anche a grandi linee, non è certo impresa semplce. La storia si dipana su tre periodi temporali differenti tra il 1930 e il 1932 ed è narrata dal punto di vista di almeno una dozzina di personaggi, se ci si aggiunge che gli eventi non ci vengono proposti in ordine cronologico ma attraverso flashback e salti in avanti si comprenderà bene quanto sia difficile introdurre la trama di questo anime. Quella di Baccano! è una storia che parla di gangster e alchimisti, lascerò a voi il piacere di scoprire come questi due elementi vadano ad incastrarsi magistralmente nel procedere della trama.

Se da un lato la trama complessa e la miriade di personaggi presenti obbligano lo spettatore a porre estrema attenzione ad ogni particolare dall'altro lo premiano mantenendo alta la suspance e facendo crescere di scena in scena la curiosità su ciò che accadrà in seguito (o su ciò che è accaduto prima e che l'autore non ci ha ancora mostrato).

Lo schema secondo cui si dipana la trama non è infatti fine a se stesso: i flashback ed i salti temporali raggiungono l'obbiettivo di tenere al massimo la tensione narrativa e a creare attesa nello spettatore facendo di Baccano! una di quelle serie animate in cui conclusa una puntata non si riesce a trattenersi dal vedere immediatamente la successiva fino alla conclusione della serie.

L'anime, tratto da una serie di Light-novel scritte da Ryohgo Narita e illustrtate da Katsumi Enami, è composto da 16 episodi, tredici dei quali trasmessi in televisione e gli ultimi tre distribuiti tramite OAV ed è prodotto da Aniplex per la regia di Takahiro Omori. Nonostante sia stato recepito con grande entusiasmo a livello internazionale non ne esiste attualmente una edizione italiana, è comunque reperibile on-line l'edizione in DVD doppiata in inglese. 

Wizards


Titolo: Wizards


Durata: 80min
Regia: Ralph Bakshi
Cast: Bob Holt, Jesse Welles
Anno di produzione: 1977


In un lontano futuro la terra è stata distrutta da un olocausto nucleare, milioni di anni dopo il pianeta è tornato in mano agli ancestrali progenitori del genere umano: nani elfi e fate ripopolano la terra vivendo in armonia.
Dopo tremila anni di pace la regine delle fate da alla luce due gemelli dotati di grandi poteri magici. Il primo, Avatar, è devoto figlio della madre mentre il secondo, Blackwolf, è un mutante deforme che passa l'infanzia a torturare animali. Alla morte della regina segue uno scontro per la successione che ha come esito la vittoria di Avatar e l'esilio di Blackwolf il quale, scacciato nelle terre devastate dal passato olocausto, medita vendetta e brama la riscossa sua e dei mutanti che vivono nelle lande radioattive.

Inizialmente tutti i tentativi di Blackwolf falliscono a causa della codardia e dell'inettitudine dei mutanti al suo servizio, le cose però cambiano quando scavando tra le rovine del vecchio mondo Blackwolf ritrova una vecchia bobina contenente le registrazioni dei discorsi pubblici di Adolf Hitler. Infervorati dalla propaganda nazista e supportati dalla tecnologia bellica della seconda guerra mondiale i mutanti si trasformano in una macchina da guerra inarrestabile che inizia a marciare alla conquista del mondo.

Partendo dalla classica dicotomia bene-male Bakshi sviluppa una storia il cui tema principale è il potere della propaganda ed i rischi ad essa correlati, ma che porta anche a riflettere sulla scienza e sulla tecnologia descritta come mero strumento i cui danni o benefici sono diretta conseguenza dell'uso che l'uomo decide di farne. 

Questa opera segna il passaggio di Bakshi da una cinematografia dalle tematiche molto più adulte ad un cinema che, seppur possa essere classificato "per famiglie", mantiene ancora gli elementi di critica sociale e lo stile grafico che contraddistinguono le sue opere precedenti come ad esempio Fritz The Cat o Coonskin rendendo la pellicola perfettamente godibile anche ad un pubblico adulto.

Le Dernier Combat

Titolo: Le Dernier Combat

Durata: 90min
Regia: Luc Besson
Cast: Pierre Jolivet Jean Reno:
Anno di produzione: 1982

Opera prima del regista francese Luc Besson la pellicola si svolge in un futuro post-apocalittico dove i pochi uomini superstiti, secondo i più classici canoni del genere, sono in lotta tra loro e contro l'ambiente ostile e dove la società è retrocessa ad uno stato di barbarie. In questo scenario seguiremo il pellegrinaggio del protagonista mosso dall'elementare ed istintiva esigenza di trovare una donna nel suo lungo e pericoloso viaggio attraverso i resti della civiltà passata.

Il film è girato in bianco e nero e senza alcun dialogo, le immagini sono infatti supportate soltanto dalla colonna sonora e dagli effetti audio. Queste scelte stilistiche contribuiscono ad immergere lo spettatore all'interno della storia comunicando in pieno il senso di desolazione del mondo disastrato in cui il protagonista si muove senza in alcun modo diminuire il ritmo del film o rendere pesante la visione del film.

Da segnalare la prima apparizione sul grande schermo di Jean Reno nella parte dell'antagonista. Film sicuramente non per tutti ma imperdibile per gli appassionati sia del cinema di fantascienza sia del regista francese.

Dagon, La Mutazione del Male

Titolo: Dagon, La Mutazione del Male (Dagon – La secta del Mar)

Durata: 98min
Regia: Stuart Gordon
Cast: Ezra Godden, Francisco Rabal, Raquel Meroño
Anno di produzione: 2001

A causa di una violenta tempesta la barca su cui si trovano Paul, la fidanzata Barbara ed una coppia di loro amici rimane incagliata a poche centinaia di metri da un piccolo paese di pescatori sulla costa spagnola. Paul e Barbara sbarcano per cercare aiuto ma, come ci si aspetta da qualsiasi film dell’orrore, anzichè il soccorso sperato si troveranno al centro di un incubo: gli abitanti del villaggio hanno infatti da generazioni stretto un patto con Dagon, mostruosa e blasfema divinità degli abissi.

Questa pellicola è tra una delle migliori (tra le relativamente poche) trasposizioni cinematrografiche dei racconti di H.P.Lovecraft (l’ombra di Insmouth, per l’occasione trasportato in terra iberica) il film rende alla perfezione le atmosfere tanto care agli appassionati dello scrittore di Providence sia per quanto riguarda l’impianto visivo sia per lo svogligmento della trama. (la sceneggiatura è stata scritta dal regista in collaborazione con Brian Yuzna, appasionato di Lovecraft e già regista insieme a Gordon di altri omaggi all’autore come Re-Animator e From Beyond) Trama che, grazie alle rielaborazioni introdotte nello svolgimento rispetto alla storia originale (sempre comunque adeguate e in puro stile lovecraftiano), sarà in grado di stupire anche i fan più esigenti.

Adeguati anche gli effetti speciali, crudi al punto giusto ma senza ricadere nello splatter eccessivo, come la colonna sonora che contribuisce ad alimentare il senso di tensione e disperazione che permea la pellicola. Se vi piace Lovecraft o  semplicemente il cinema horror non potete perdervi questo piccolo gioiello della filmografia di genere.

Il Pianeta Selvaggio

Titolo: Il Pianeta Selvaggio (Le Planète Sauvage)

Durata: 73min
Regia: Renè Laloux
Cast:  Jennifer Drake, Sylvie Lenoir
Anno di produzione: 1973

Cosa succede quando si prende un ottimo racconto di fantascienza come “Oms en Série” di Stefan Wul, lo si da in mano ad un regista e produttore capace come Renè Laloux e si chiama infine un disegnatore visionario come Roland Topor? La risposta è: un capolavoro come Il Pianeta Selvaggio.

Il film racconta di un futuro in cui gli uomini (chiamti Oms) sono stati portati da una razza di giganti antropomorfi dalla pelle blu (i Draag) sul loro pianeta natale Ygam dove vengono tenuti in cattività e trattati al pari di animali domestici. Tutto cambia quando un Om di nome Teer impara come usare un dispositivo che i Draag utilizzano per istruire i loro figli e riesce a sfuggire al porprio padrone andando poi ad aggregarsi ad un gruppo di Oms selvaggi. Le conoscenze da lui acquiste si riveleranno fondamentali dapprima per la sopravvivenza del gruppo di Oms selvaggi e successivamente per l’intera razza umana. A questo punto è meglio che mi fermi a raccontare per non togliervi il piacere della visione del film la cui storia riuscirà sicuramente a coinvolgervi e stupirvi.

I disegni realizzati da Roland Topor fanno da sfondo a questa stupenda storia di fantascienza, l’originalità delle sue forme e le tinte pastello sanno coinvolgere lo spettatore rendendo i paesaggi e le architetture di Ygam un piacere per gli occhi che si sposa perfettamente con le tecniche di animazione che risultano perfettamente integrate con tutto l’apparato visivo della pellicola.

Il Pianeta Selvaggio si può definire un film imperdibile per tutti gli amanti della fantascienza, dell’animazione e del buon cinema che non dovrebbe mancare nella videoteca di qualsiasi appassionato.

A Scanner Darkly


Titolo: A Scanner Darkly


Durata: 105min
Regia: Richard Linklater
Cast: Keanu Reeves, Winona Ryder, Robert Downey Jr., Woody Harrelson, Rory Cochrane
Anno di produzione: 2006

Tratto dall'omonimo romanzo di Phlip K Dick (tradotto in italia con il titolo di "un oscuro scrutare") questa pellicola ambientata in futuro molto prossimo narra la storia di Bob Arctor un agente antinarcotici infiltrato in un gruppo di consumatori di Sostanza M: una droga psichedelica estremamente dannosa. Particolarità della squadra antinarcotici è l’utilizzo della tuta antindividuante, una tuta cangiante che rende l’agente totalmente anonimo sul luogo di lavoro al fine di tutelare la sua identità da possibili fughe di informazioni. Bob Arctor inizierà così a vivere una doppia vita: quella del drogato e spacciatore  e quella dell'agente incaricato di sorvegliare, tra gli altri, anche se stesso. Questa condizione di sorvegliante e sorvegliato assieme all’abuso di Sostanza M lo porterà sempre più vicino alla soglia della schizofrenia in un susseguirsi di eventi che culminerà in un finale dai risvolti imprevedibili che ovviamente evito di svelarvi.

Questo è il secondo film che Linklater gira utilizzando la tecnica del Rotoscope, che sostanzialmente consiste nel filmare il tutto da vivo e quindi dipingere su ogni singolo fotogramma ottenendo come risultato un ibrido tra film dal vivo e film d'animazione. Se nel precedente "Waking Life" l'uso del rotoscope ha come scopo il rappresentare situazioni oniriche (dato che sono i sogni l'argomento del film) in "A Scanner Darkly" questo serve a sottolineare il senso di estraniamento dalla realtà, inteso sia in senso metaforico che letterale, che gli allucinati protagonisti sperimentano.

Di tutti gli innumerevoli film tratti da romanzi o racconti di Philip K. Dick "A Scanner Darkly" è sicuramente l'unico ad essere una reale trasposizione cinematografica e non una blanda pellicola semplicemente "ispirata a".  E' infatti l'unica pellicola che ha avuto l'approvazione degli eredi del noto scrittore e che sicuramente avrebbe avuto anche quella di Dick stesso se fosse ancora in vita.

"A Scanner Darkly" è il libro in assoluto su cui Dick ha lavorato di più: nonostante l'abbia cominciato nel 1973 il libro non vedrà la luce prima del 1977, tempi che per un autore abituato a sfornare due o tre libri ogni anno sono decisamente lunghissimi. Questo è sicuramente dovuto alla connotazione fortemente autobiografica del romanzo.  Possiamo considerare il libro (e di conseguenza anche il film data l'alta fedeltà  dell'adattamento) una "ammenda" da parte di Dick. Negli anni infatti che vanno dal 70 al 72 Dick, a seguito del divorzio dalla moglie e l'allontanamento dei figli  dovuti ai suoi problemi di abuso di droghe, cadrà nella fase più acuta della sua dipendenza da anfetamine. Durante quei tre anni, inizierà a circondarsi di sbandati, tossicodipendenti e  personaggi cosidetti "border-line" che troveranno nella casa dello scrittore il loro punto di aggregazione, durante quel periodo la produzione letteraria di Dick si azzera completamente e le condizioni mentali dello scrittore non fanno che peggiorare rendendolo, se possibile, ancor più paranoico e sull’orlo della psicosi.

Da queste drammatiche esperienze personali prenderà forma "A Scanner Darkly" romanzo in cui convergono tutte le esperienze negative e positive che l'autore ha vissuto in quel periodo. Esperienze che, una volta liberatosi dalla dipendenza, Dick può finalmente osservare e giudicare con sguardo distaccato e obbiettivo, creando un opera in cui se da un lato è presente una forte critica ad un determinato stile di vita dall'altro vi è anche una richiesta di perdono per quelli che Dick definisce "persone che sono state punite troppo per ciò che hanno fatto" e in cui in ultima analisi è molto forte il rimpianto per ciò che è andato perduto o sprecato.

Vorrei concludere citando un brano del libro che non è riportato nel film ma che è esplicativo del tema dell’opera: "Quando un certo errore comincia a essere commesso da un bel po' di persone,  allora diviene un errore sociale, uno stile di vita. E in questo particolare stile di vita  il motto è: "Sii felice oggi perché domani morirai"; ma s'incomincia a morire ben presto e la felicità è solo un ricordo."

martedì 19 aprile 2011

Venere sulla Conchiglia

Venere sulla conchiglia (Venus on the Half-Shell)

Kilgoure Trout (Philip J.Farmer) 
Pubblicato1976
Editore: Mondadori (Urania)

Inizialmente pubblicato con lo pseudonimo di Kilgore Trout (l'alter ego protagonista di molti romanzi di Kurt Vonnegut) questo libro può essere considerato uno dei più rappresentativi di Philip J.Farmer. In questo romanzo Farmer ci propone di seguire il viaggio del protagonista alla ricerca della domanda fondamentale sul senso della vita durante il quale ci proporrà, tramite uno stile paradossale ed ironico, una peregrinazione tra mondi e società tanto bizzarre quanto speculari della nostra.

Ciò che rese Farmer (ed in particolare questo libro) un punto di rottura rispetto ai normali canoni della letteratura di genere è il sesso: se ne parla e se ne pratica molto in questo libro, ovviamente sempre seguendo lo stile ironico e paradossale che contraddistingue tutto il romanzo e senza mai scadere nella volgarità, ma soprattutto senza che sia mai fine a se stesso.

Ogni pianeta che è tappa del viaggio del protagonista e la sua pecuiliare civiltà sono piccole perle di genialità: da un pianeta di uomini gatto eccessivamente libidinosi fino ad arrivare a creature a forma di dirigibile che comunicano e si muovono grazie ai propri peti, ogni nuovo mondo presentato saprà sorprenderci e ci porterà a riflettere su quegli aspetti della nostra società che di volta in volta vengono estremizzati nelle differenti culture che il protagonista si troverà a visitare.

Venere Sulla Conchiglia è un libro che può essere considerato una sorta di successore di quel genere di fantascienza che Sheckley propone circa un anno prima nel libro "Opzioni" e che può essere tra gli altri ispiratore della futura "Guida Intergalattica per Autostoppisti" di Adams, un libro che tramite situazioni ironiche al limite dell'inverosimili mette in dubbio la concezione della società attuale estremizzandone situazioni e schemi. Da leggere.

Un Anno Nella Città Lineare

Titolo: Un anno nella città Lineare (A Year in the Linear City)

Autore: Paul Di Filippo
Pubblicato: 2002
Editore: Delos Book

La città lineare è un enorme conglomerato urbano che si sviluppa lungo un'unica strada rettilinea, a sinistra vi è il fiume e destra la ferrovia. Oltre, mondi invalicabili equivalenti al paradiso e all'inferno. Nessuno conosce la lunghezza della città, nessuno l'ha mai percorsa lungo tutta la sua lunghezza, nessuno sa se realmente la strada abbia o meno una fine.

All'interno di questa cornice seguiremo per un anno gli eventi dellla vita del protagonista, uno scrittore di narrativa cosmogonica, (l'equivalente locale della nostra fantascienza) eventi che lo porteranno a compiere un viaggio alla ricerca dei limiti estremi della città.

Queste le premesse di uno dei più interessanti quanto orginali romanzi di fantascienza dell'ultimo decennio, qualsiasi altra rivelazione sui contenuti di questo libro non farebbero che diminuire il vostro piacere nel leggerlo per cui ritengo opportuno fermarmi qui non prima però di ricordarvi come questo romanzo sia essenziale nella biblioteca di qualsiasi appassionato.

Cyberiade

Titolo: Cyberiade (In Italia: Cyberiade)

Autore: Stanislaw Lem
Pubblicato: 1965 (In Italia: 1965)
Editore: Marcos y Marcos

Il romanzo, strutturato in una serie di racconti, narra le avventure a cavallo tra il fantascientifico ed il surreale di due geniali quanto imprevedibili costruttori di macchine mirabolanti chiamati Trurl e Klapacius. Questi due geni di fama cosmica sono in grado di creare i congengni più disparate: da un regno in miniatura creato per compiacere un re in esilio ad un bardo elettronico capace di creare  poesie così sublimi da essere più fonte di guai che di piacere.

Cyberiade è uno dei libri di fantascienza che personalmente apprezzo di più e sicuramente quello che ho riletto più volte, ammetto di avere un certo timore reverenziale nel recensirlo in quanto tempo di non essere in grado di trasmettere quanto stupefacente trovi questo libro.

Lo stile con cui Lem ci conduce attraverso i viaggi dei due costruttori è a metà strada tra l’ironico ed il fiabesco, così lontano dai soliti canoni della fantascienza che il legttore abituale di sci-fi classica potrebbe trovarsi spiazzato, nonostante questo ogni racconto è così denso di idee e concetti che non ci si può fare a meno di meravigliarsi ogni pagina o quasi, concetti e idee che ci sono regalati a briglia sciolta in quanto Lem non si fa condizionare dall’esigenza, così comune nella fantascienza cosiddetta “hard” (di cui questo libro si può cosiderare agli antipodi) di argomentare con tesi scientifiche plausibili ogni elemento fantastico, in Cyberiade le mirabolanti invenzioni dei due protagonisti non sono il fine del racconto ma bensì il mezzo tramite il quale l’autore ci propone disgressioni filosofiche degne del più grande pensatore.

Insieme al già recensito Memorie di un Viaggiatore Spaziale questo libro dovrebbe essere parte fondamentale della biblioteca di qualsiasi appassionato di letteratura ed è essenziale lettura di chiunque voglia conoscere e comprendere a pieno l'opera di Lem.



Memorie di un Viaggiatore Spaziale


Titolo: Memorie di un Viaggiatore Spaziale (Dzienniki gwiazdowe)

Autore: Stanislaw Lem
Data prima pubblicazione: 1971
Editore italiano: Marcos y Marcos 

E' Inutile nascondere quanto adori Stanislaw Lem e le sue opere come è inutile nascondere che reputo Memorie di Un Viaggiatore Spaziale uno dei libri più rappresentativi della sua produzione letteraria.

Il romanzo è strutturato in una serie di racconti che narrano le avventure di Ijon Tichy famoso quanto bizzarro viaggiatore spaziale. Ogni racconto descrive una delle improbabili imprese di Tichy, ogni racconto è una scusa per digressioni filosofiche sulla natura umana e del cosmo presentate con la leggerezza e l'ironia tipica dei migliori romanzi di Lem.

Qui l'elemento fantascientifico si mischia con il fiabesco e l'ironico riuscendo a stupire il lettore in ogni racconto: tra una gara tra sexy-lavatrici, vortici temporali, viaggi nel tempo a cavallo di cronociclette, preti-robot c'è da rimanere a bocca aperta ad ogni pagina.

Non si pensi però che Memorie di Un Viaggiatore Spaziale sia un libro dai contenuti frivoli: ogni racconto è in grado di fornire così tanti spunti di riflessioni ed è così pregno di idee che da solo basterebbe per un libro  intero. Non esagero affermando che vi sono più idee geniali in questa sola opera di Lem di quante altri autori riescano a concepire in una intera carriera.

Conflitto tra religione e scienza, realtà virtuale e intelligenza artificiale sono solo alcuni dei temi che Lem affronta (spesso in anticipo di molti anni sui tempi in cui queste tematiche diverranno "classiche") e a cui affianca riflessioni molto critiche di carattere sociologico e politico.

La capacità di Lem di proporre argomenti così profondi con uno stile così leggero e divertente senza sminuirne in alcun modo l'importanza è ciò che mi permette di affermare quanto questo romanzo sia una lettura obbligata per qualsiasi appassionato di fantascienza. Un solo avvertimento: una volta letto questo libro nessun'altra lettura sembrerà allo stesso livello.