martedì 28 giugno 2011

The Road

Titolo: The Road

Regia: Jhon Hillcoat
Anno: 2009
Durata: 119min

Sono passati 14 anni dalla catastrofe che ha quasi estinto la razza umana e completamente annichilito ogni forma di flora e fauna. I pochi superstiti si dividono tra i disperati che, persa ogni speranza, attendono l'inevitabile fine e coloro che hanno deciso di rinunciare a qualsiasi brandello di umanità pur di sopravvivere. Un padre e un figlio (di cui per tutta la pellicola ignoreremo il nome) decidono di dirigersi verso sud nella speranza di raggiungere la costa dove trovare qualcosa che sia scampato al disastro o almeno un ultimo barlume di civiltà. Iniziano così un lungo ed estenuante viaggio tra paesaggi lugubri e ricoperti di cenere, grigi tanto quanto le persone che vi vivono o meglio, vi sopravvivono.

"The Road" è un film estremamente crudo e diretto, la disperazione di chi ancora cerca di comportarsi da essere umano così come l'immoralità di chi per sopravvivere ha scelto di diventare bestia vengono sbattuti in faccia allo spettatore senza filtri ne velature in una storia che come tema ha, ancor prima della lotta per la sopravvivenza contro un ambiente totalmente ostile, quello della lotta contro se stessi per mantenere la propria moralità.

Come nel romanzo anche nel film le ragioni del disastro non vengono spiegate, lo scopo fondamentale non è infatti quello di esprimere giudizi pessimistici sul progresso e le scienze come accade in molti libri e film post-apocalittici ma bensì quello di domandarsi quanto il nostro concetto di morale sia intrinseco nella nostra natura di presunto animale superiore o quanto invece sia un costrutto artificiale della cosidetta società civile.

Il film è tratto dall'omonimo libro di Cromac McCarty (già autore de "Non è Un Paese Per Vecchi") e che gli valse nel 2007 il premio Pulitzer. La pellicola di Hillcoat è una fedele trasposizione del romanzo seppur con qualche licenza, come ad esempio una maggior presenza del personaggio della madre (interpretato da Charlize Theron). Estremamente appropriata la fotografia e la scelta delle location come la colonna sonora ad opera di Nick Cave e Warren Ellis.Ottimi anche Viggo Mortensen nel ruolo del padre, probabilmente alla sua interpretazione meglio riuscita,  e il giovane Kodi Smit-McPhee in quello del figlio.

giovedì 23 giugno 2011

L'Uomo Che Venne Dalla Terra

Titolo: L'Uomo Che Venne Dalla Terra (Jerome Bixby's The Man From The Earth)

Regia: Richard Schenkman
Anno di produzione: 2007
Durata: 87min

Da buon appassionato di fantascienza avevo inizialmente salutato con piacere il crescente interesse che negli ultimi anni avevano dimostrato le grandi case di produzione per questo genere cinematografico. I progressi fatti nel campo della computer graphic negli ultimi anni, sia dal punto di vista tecnico con immagini sempre più realistiche, sia dal punto di vista economico con una sempre maggiore accessibiltà delle tecniche digitali, facevano presagire un nuovo periodo d'oro per gli appassionati del genere. Si sperava che, avendo la tecnologia liberato da molti vincoli pratici la fantasia di autori e sceneggiatori, qualità e originalità delle future produzioni sarebbero andate esponenzialmente in crescendo.

Il risultato fu però peggio del previsto, le enormi possibilità a livello visivo che possono garantire le nuove tecnologie non  sono infatti utilizzate come mezzo con cui sostenere la trama, ma sono diventate il fine ultimo di molte produzioni cinematografiche. A rappresentanza di una lunga lista di pessimi film (o ottimi blockbuster che dir si voglia) dal grande impatto visivo ma dai contenuti scialbi, riciclati e stereotipati basta citare il recente "Avatar" di Cameron o una lunga serie di inutili remake che mortificano vere pietre miliari del cinema di fantascienza nel patetico tentativo di ri-attualizzarli,  snaturandone il valore artistico e storico fino a trasformarli in una eccessiva kermesse di effetti speciali e luoghi comuni che riesce a malapena a mascherare la pochezza dei contenuti e l'inesistente fantasia degli sceneggiatori (come ad esempio i recenti remake di "Ultimatum alla Terra" e de "La Guerra dei Mondi").

"L'Uomo Che Venne Dalla Terra" è l'antitesi di tutto quanto ho indicato prima: film indipendente realizzato con un budget di poco più di 200.000 dollari, nessun effetto speciale e girato quasi completamente all'interno di una villetta di fronte a un camino è la dimostrazione inequivocabile che è non è la presenza di astronavi, alieni o altre amenità a determinare l'appartenenza di un film al genere fantascientifico o più in generale a farne un buon film ma sono bensì lo sviluppo della storia e le idee in essa contenute a decretarne la qualità. Dobbiamo in questo caso ringraziare uno sceneggiatore tanto geniale quanto poco conosciuto come Jerome Bixby se possiamo oggi apprezzare questa particolarissima pellicola.

Jerome Bixby fu scrittore di racconti brevi e sceneggiatore particolarmente attivo nell'ambito della fantascienza, nonostante le sue indubbie qualità il suo nome rimane quasi sconosciuto al grande pubblico, forse anche a causa dell'abitudine di scrivere sotto molteplici pseudonimi. Purtroppo in Italia ben pochi dei suoi racconti sono stati tradotti e pubblicati, più del suo nome sono però noti i suoi lavori, soprattutto quelli che hanno avuto una successiva trasposizione televisiva. Tra i più famosi si possono citare il racconto "Mirror Mirror", diventato poi la sceneggiatura di uno dei più  apprezzati episodi della serie originale di Star Trek, (telefilm con cui poi collaborò frequentemente sceneggiando altri quattro episodi), e il racconto "It's A good Life" che venne adattato a sceneggiatura dell'omonimo episodio della serie "Ai confini della realtà" (the twilight zone). La sua opera forse più nota, anche se ben pochi sanno attribuirgliene la paternità, è sicuramente la storia e la sceneggiatura del film "Fantastic Voyage" reso famoso dalla successiva novelizzazione ad opera di Isaac Asimov nota in Italia con il titolo di "Viaggio Allucinante"

"L'Uomo Che Venne Dalla Terra" è un film nato da una sua sceneggiatura cominciata a metà degli anni '60 e lasciata incompiuta fino al 1988 quando Bixby, sul letto di morte, ne dettò la fine al figlio Emerson, (autore della sceneggiatura finale), completandola pochi giorni prima di morire. Solo nel 2006 il figlio riuscirà a reperire i fondi necessari ad auto finanziare il film che venne completato nel 2007. Il film racconta di Jhon Oldman, professore universitario di storia che dopo dieci anni di onorata carriera lascia il lavoro e la città in cui vive, non prima però di riunire e salutare per l'ultima volta i suoi amici e colleghi. Durante questa riunione, a seguito delle pressanti richieste degli amici, rivela le vere motivazioni che lo obbligano a lasciare la sua attuale vita: è infatti portatore di un segreto tanto incredibile quanto pericoloso a rivelarsi. Questa rivelazione (che non vi anticipo per non rovinarvi il piacere della visione) è soltanto la punta dell'iceberg dell'incredibile vita che Oldman sostiene di aver vissuto e che progressivamente rivelerà nel procedere della pellicola.

Nonostante la promozione quasi inesistente il film raggiunge la notorietà tra il pubblico di appassionati grazie soprattutto all'ampia diffusione tramite i network di peer to peer, è da segnalare come il regista e il produttore abbiamo pubblicamente ringraziato tutti coloro che "piratando" il film hanno contribuito alla sua notorietà e al successo commerciale dell'edizione in DvD, atteggiamento a mio parere illuminato e lungimirante nei confronti del filesharing che distingue ulteriormente "L'Uomo Che Venne Dalla Terra" dalla recente insulsa e massificata produzione hollywoodiana.

venerdì 17 giugno 2011

Gli Orrori di Omega

Gli Orrori di Omega (The Status Civilization)

Robert Sheckley
Pubblicato: 1960
Editore: Mondadori (Urania)

Will Barnett si risveglia in quella che ben presto riconosce essere una nave prigionieri, senza memoria alcuna di chi sia nè del perchè sia stato imprigionato. Ancor prima che possa interrogarsi su questi quesiti viene fatto sbarcare insieme ad altri prigionieri su Omega, il pianeta-prigione dove il governo terrestre da anni deporta gli individui che considera criminali. Ma quale società può crearesi in un pianeta di soli criminali in esilio? la risposta che da Sheckley è tutt'altro che scontata e banale.

Quella di Omega è infatti una società dove non solo è morlamente lecito e auspicabile evadere la legge (purchè si sia capaci di evitare la punizione) ma dove addirittura chi vi riesce ha la certezza di veder aumentato il suo status sociale, dove è obbligatorio essere dipendenti almeno da una droga e dove saltare la messa nera domenicale è visto come una grave mancanza. La società degli esiliati è una rappresentazione in chiave satirica della nostra che ci viene presentata con la cinica ironia che è il segno distinitivo dei migliori romanzi di Sheckley, una società che, in ultima analisi, non fa altro che istituzionalizzare ed elevare al rango di legge dello stato quei comportamenti antisociali che molti di noi disprezzano e ripudiano in pubblico ma che poi purtroppo invidiano e adottano nel privato.  

Il libro è stato pubblicato diverse volte da Mondadori nella collana Urania la cui edizione più recente è quella presente in Urania Collezione (n.34), è inoltre possibile scaricare gratuitamente (e legalmente) l'edizione inglese in formato ebook tramite il sito del Project Gutemberg.

martedì 14 giugno 2011

Yukinobu Hoshino: Quando il fumetto d'autore incontra la S-F classica

Copertina del primo volume
dell'edizione italiana
di 2001 Nights
Yukinobu Hoshino è un autore decisamente troppo poco noto in Italia in rapporto alla qualità delle sue opere e alla loro influenza su tutta la produzione nipponica di graphic novel. Prolifico disegnatore e autore di una fantascienza che richiama fortemenete quella classica sia per le tematiche espresse sia per la forma da lui prediletta delle short stories. Qui gli stereotipi tipici del fumetto giapponese sono quasi completamente assenti: robot giganti e combattimenti all'ultima mossa segreta sono sostituiti da storie profonde sia nelle tematiche affrontate che nella caraterrizzazione dei presonaggi creando ciò che può essere considerato un equivalente fumettistico della s-f della golden age.

Copertina dell'edizione
italiana di Sabel Tiger 
Da sempre legato ad un genere di fantascienza più ricercato e concettuale con citazioni sia implicite che esplicite dei grandi maestri della fantascienza degli anni 60 e 70 la prima opera rappresentativa di Hoshino è sicuramente "Sabel Tiger", raccolta di sette storie brevi disegnate nei primi anni ottanta e raccolte in un unico volume nel 1987. Seguirà poi nel 1984 quella che è la sua opera più famosa e che lo consacrerà nell'olimpo degli autori di graphic novel: "2001 Nights". Anche in questo caso si tratta di una raccolta di storie brevi a tema fantascientifico, tuttavia trattandosi di racconti scritti appositamente per essere pubblicati insieme (e non una antologia a posteriori come "Sabel Tiger") ogni storia e collegata alla precedente in quanto, seppur separate da lunghi intervalli di tempo, si vanno tutte a collocare nel medesimo continuum andando a creare una sorta di storia universale dell'umantià dai primi voli spaziali fino alla colonizzazione delle stelle remote. Questo tipo di impostazione richiama chiaramente alcune opere classiche sia letterarie (come il "Ciclo Della Fondazione" di Asimov) sia fumettistiche (come ad esempio "L'Enciclopedia Delfica" di Prado). Il successo di "2001 Nights" è tale che alcune dei racconti verranno poi trasformati in un OAV e altri in un lungometraggio live action ("To" per la regia di Fmuihiko Sori). Nel 2003 sarà poi la volta di "Star Dust Memories", ulteriore raccolta di storie brevi mentre nel 2006 verrà alla luce un proseguo idale nel volune "2001+5" ulteriore raccolta di short stories che mantengono lo stile ed il modello di "2001 Nights" andando a scrivere l'epilogo dell'universo immaginato da Hoshino.

Copertina dell'edizione Urania
del romanzo
"Lo Scheletro Impossibile"
Copertina del primo
volume del manga
"Inherit The Stars"
Hoshino comunque non è soltanto un grande autore di racconti ma riesce a distinguersi anche quando si tratta di narrare storie di più ampio respiro, è infatti il caso di "The Two Face of Tomorrow" adattamento dell'omoninmo libro di James. P. Hogan. Manga, purtroppo inedito, in italia che si compone di tredici volumi in cui si narra dei tentativi di un gruppo di scienziati di creare una intelligenza artificiale che possa pensare in termini quasi umani. Sempre da un romanzo di Hogan è tratto il nuovo manga di Hoshino in pubblicazione in questi mesi: si tratta di "Inherit The Stars" (noto in italia come "Lo scheletro impossibile") forse l'opera più nota del romanziere britannico e prima parte della "Trilogia dei Giganti" in cui il ritrovamento sulla luna di uno scheletro all'interno di una tuta spaziale vecchia di 50.000 anni metterà in discussione tutte le teorie sull'origine dell'umono.

Copertina dell'edizione
italiana di
Star Dust Memories

Ovviamente la produzione di Hoshino è molto più complessa e articolata di quanto esposto finora, vanno sicuramente ricordati "Kodoku Experiment" storia a metà tra la s-f e il thriller (con atmosfere che possono in un certo qual modo richiamare film come "Alien" o "La Cosa"); "I Giganti del Mare", altra serie di racconti brevi dove fantascienza e folklore si mescolano facendo rivivere il mito del leviatano e altri mostri marini in sei interessanti storie che hanno come elemento comune la sfida tra l'uomo e l'oceano e "Blue Hole" dove si racconta un mondo dove ai tempi moderni convivono uomini e dinosauri.

Seppur per molto tempo sia stato ignorato dal mercato italiano se oggi possiamo leggere molte delle sue opere in italiano dobbiamo ringraziare due case editrici: Flashbook ("Sabel Tiger", "2001 Nights", "2001+5", "Kodoku Experiment") e J-Pop ("I Giganti del Mare", "Stardust Memories"). Non ci sono attualmente notizie se l'ultima opera di Hoshino ("Inherit The Stars") avrà una sua edizione italiana in contemporanea con quella giapponese o se dovremo attenderne la conclusione per leggerla in versione integrale.


venerdì 10 giugno 2011

Aachi & Ssipak

Locandina originale sud coreana
Titolo: Aachi & Ssipak

Regia: Jo Beom-jin
Anno di produzione: 2006
Durata: 90min


Dalla Corea del Sud arriva questa piccola perla di animazione: irriverente, volgare, frenetico, adrenalinico e delirante ma soprattutto divertente. In un remoto futuro lo stato centralizzato ha trovato il modo per sopperire alla crisi energetica che ha colpito il mondo: creare elettricita dagli escrementi umani. Per stimolare la produzione di quello che è diventato il bene più prezioso più si produce più si ottengono "Juicybar" gustoste quanto assuefanti barrette che creano elevata dipendenza nei consumatori e, a lungo andare, stitichezza cronica.

Su questo sfondo si muovono Aachi e Ssipak: due teppisti di bassa lega dediti al furto e al traffico di Juicybar che si troveranno loro malgrado invischiati in affari molto più grandi di loro per salvare l'avvenente pornoattrice Beautiful fino a rimanere nel mezzo della guerra tra la famigerata Banda del Pannolino, una gang di mutanti resi stitici dall'abuso delle Juicybar e le forze di polizia che hanno nel cyborg Geko il loro più efficente operativo.

Il lungometraggio realizzato con una sapiente miscela di disegno tradizionale e computer graphic si distingue anche per l'innotavito tratto e le ottime animazioni coadiuvate da una colonna sonora che raggiunge il suo meglio nelle scene d'azione

La Gang del Pannolino!

giovedì 9 giugno 2011

Robot Carnival: Un Capolavoro Dimenticato (Solo in Italia)


Copertina dell'edizione DVD inglese

Titolo: Robot Carnival (Robotto Kānibaru)

Durata: 93min
Anno di Produzione: 1987
Regia: AA.VV

E' pienamente comprensibile che quando questo grande capolavoro dell'animazione giapponese venne alla luce sia stato completamente ingorato dal mercato italiano, dopotutto nel 1987 "anime" e "manga" erano termini oscuri noti soltanto ad una piccola ristretta cerchia di appassionati. Erano infatti gli anni in cui le prime fanzine iniziavano a trasformarsi in pubblicazioni mensili da edicola ed in cui il termine "cartoni animati giapponesi" veniva associato solo ai primi robot giganti come Mazinga e Goldrake, ritenuti erroneamente adatti solo ad un pubblico di giovanissimi. E' quindi normale che un opera concettuale come Robot Carnival che, per disegno  tematiche e storie proposte è invece indirizzato ad un target molto più adulto, all'epoca non fosse mai stato preso in considerazione.


Slezione di immagini
dei singoli episodi

Mancavano ancora alcuni anni prima che "Akira" (di Katsuhiro Otomo) giungesse, seppur per pochissimo tempo, nelle sale dei cinema nostrani e ne sarebbero passati ancora molti altri prima che il successo di Hayao Miyazaki facesse emergere il cinema di animazione giapponese dalla nicchia in cui l'aveva relegato la critica e il mercato italiano. Non c'è quindi da stupirsi se nel lontano 1987 non fosse ancora concepibile portare in Italia un'opera particolare come Robot Carnival. Quello che stupisce è che a quasi venticinque anni dalla sua nascita questa pellicola non abbia ancora avuto una versione italiana in DVD come è successo per altre opere successive che con Robot Carnival condividono struttura, tematiche e intenti (come ad esempio "Memories" o "Manie Manie"); anche considerato che questa pellicola, composta da nove cortometraggi, si può considerare come una "antologia d'autore" del cinema di animazione giapponese di quegli anni.

Star Light Angel
Come il titolo lascia intendere il tema centrale è quello del robot ma l'impostazione è ben lontanta da quella classica della fine degli anni 70 e inizio degli 80 a cui le emittenti televisive italiane ci avevano abituato. Ogni storia è nel suo piccolo una vera e propria opera di fantascienza nel senso più classico del termine in cui la figura del robot viene spesso utilizzata come mezzo per raccontare l'essere umano. Numerosi sono anche le citazioni ad opere classiche della letteratura e della cinematografica: troviamo infatti sia riferimenti alla cultura classica occidentale come quelli a Frankenstain nell'episodio dal titolo "Franken's Gear"  o Pinocchio nell'episodio dal titolo "Cloud"; sia riferimenti più criptici per il pubblico occidentale ma che non passano inosservati al cultore di manga come quello a 8-man presente in "Deprive" .Non mancano comunque gli elementi tipici dell'animazione giapponese: dai guerrieri  in cyber-armatura del già citato "Deprive" e "Star Light Angel" allo scontro urbano tra robot giganti di "A Tale of Two Robots" con i dovuti palazzi che crollano e i cittadini in fuga di godzilliana memoria.

Franken's Gears
Fortunatamente la quasi totale mancanza di dialoghi (solo due degli episodi hanno infatti un parlato) e la sua facile reperibilità tramite canali di streaming aiutano il pubblico italiano nel godere di questa ottima produzione, nonostante questo la mancanza di una edizione in DVD nel nostro mecato è una lacuna che dovrebbe essere sicuramente colmata sia per il valore storico che per i meriti artistici che questo lungometraggio possiede.


A seguire l'elenco completo dei corti con relativi registi.

Opening:  Regia di Atsuko Fukushima e Katsuhiro Otomo.
Franken's Gears: Regia di Koji Morimoto.
Deprive: Regia di Hidetoshi Omori.
Presence: Regia di Yasuomi Umetsu.
Star Light Angel: Regia di Hiroyuki Kitazume.
Cloud: Regia di Mao Lamdo.
A Tale of Two Robots -- Chapter 3: Foreign Invasion: regia di Hiroyuki Kitakubo.
Nightmare (a.k.a. Chicken Man and Red Neck in Tokyo): Regia di Takashi Nakamura.
Ending: Regia di Atsuko Fukushima e Katsuhiro Otomo.